Animati, meccanici, tridimensionali, in rilievo, gioco, alza e scopri, teatrino, cerca e trova, magici… sono solo alcuni dei modi in cui i libri, che non contengono solo immagini bidimensionali, vengono presentati al lettore.
Nell’intento di far capire che fra quelle pagine si possono scoprire sorprese e fantasie di carta, che possono stupire per l’ingegnosità con cui sono state create, questi libri vengono definiti nelle maniere più originali e curiose. In effetti, trovare un nome che possa contenere questa variegata quantità di figure da animare e di scenari prospettici, non è facile; si potrebbe dire che la ricerca non è ancora conclusa.
Probabilmente la “varietà” terminologica è ingenerata, oltre che dalla fantasia degli autori, dal fatto che, pur essendo stampati in lingua italiana, questi libri sono progettati, realizzati e confezionati all’estero, e nella traduzione i termini tecnici vengono interpretati ed adattati ad esigenze editoriali.
Attualmente la definizione pop-up, letteralmente “saltar su” (introdotto dall’editore Blue Ribbon Press negli anni trenta ed esteso successivamente a quasi tutti i libri che contenevano qualche “sorpresa” o parte mobile), è il modo convenzionale per indicare queste pubblicazioni, anche se, da qualche tempo, in America, si utilizza anche “interactive book”, forse mediando dal linguaggio informatico.
Li chiameremo così?
IL LIBRO HA TRE DIMENSIONI
La quasi totalità dei libri oggi in commercio viene progettata in America o in Inghilterra (ad esclusione di alcuni prodotti per il mercato asiatico, ad alcune riproduzioni di testi tedeschi dell”800 e a quei libri in cui le immagini presentano solo una parziale fustellatura).
L’interesse per i libri pop-up, se pur con una tradizione di oltre un secolo, è esploso commercialmente solo negli ultimi anni (nel 1991 ne sono state stampate oltre 25.000.000 di copie). Quando un fenomeno è così recente non è facile trovare informazioni, delineare percorsi, stabilire tappe per ricostruire una storia.
Quanto leggerete di seguito è stato ricavato dalla comparazione di alcuni testi, da conversazioni con autori, collezionisti, ricercatori e dall’osservazione diretta dei libri pubblicati.
Diversamente da come si potrebbe pensare, dato che oggi questo tipo di pubblicazione si rivolge a bambini e ragazzi, la storia dei libri animati li vede nascere come strumento didattico per illustrare teorie e ricerche in campo scientifico.
Primi fruitori furono quindi gli adulti, che si servirono di queste immagini particolari come sussidi per i loro studi.
Fin dal XIV secolo, alcuni libri anatomici furono illustrati con la tecnica del “flap”, una aletta di carta che, sollevata, mostra l’interno del soggetto disegnato o cosa si nasconde sotto una superficie.
Nel ‘500, l’astronomo tedesco Peter Apian, nel libro Cosmographia, intagliò alcune incisioni calcografiche e ne collegò le varie parti con fili sottili in modo che potessero ruotare l’una rispetto alle altre. Così egli intendeva aiutare la spiegazione e la trasmissione delle informazioni che aveva elaborato nei suoi studi sui corpi celesti.
Per circa due secoli i libri animati restarono confinati fra gli strumenti didattici; solo verso la fine del ‘700 si avviò una produzione, che trattava temi legati allo spettacolo e al racconto tradizionale o fantastico e vennero pubblicati i primi libri “passatempo”.
Va ricordato che una serie di giocattoli ottici anticiparono effetti e contenuti di molti libri tridimensionale stampati nella seconda metà del secolo XIX, effetti che si ritrovarono pure fra le pagine dei pop-up oggi pubblicati. Curiosi apparecchi che utilizzavano le immagini per creare effetti suggestivi, per suscitare la meraviglia e lo stupore, divennero molto popolari nel ‘700 e nell”800.
Strumenti di origine scientifica, come la lanterna magica, gli specchi curvi per le anamorfosi, le macchine ottiche del precinema, furono trasformati per produrre spettacoli. Fra questi i pantoscopi, le scatole ottiche e i peep show i cui effetti modificati e semplificati, ritroveremo fra le pagine di molti libri pop-up.
Il pantoscopio, una grande scatola di legno con un foro provvisto di lente e uno o più sportellini sui diversi lati, ebbe grande diffusione nel ‘700. Sulle piazze delle piccole città, nei giorni di festa o di mercato, gli spettatori richiamati dal suono della ghironda o dei tamburelli, dai canti e dalle filastrocche di questi antenati dei cantastorie, potevano assistere ad uno spettacolo meraviglioso. Attraverso la lente, posta sul lato anteriore della cassa, si potevano vedere paesaggi esotici, giardini maestosi, palazzi e piazze delle capitali europee, balli e feste di corte.
Mentre raccontava aneddoti ed episodi legati a quelle immagini, il cantastorie armeggiava con gli sportellini e, davanti agli occhi dello spettatore, sulla veduta illuminata a giorno, di colpo calava la notte che rivelava particolari nascosti o sfuggiti al primo sguardo.
Nello stesso periodo si diffondeva un altro strumento che rievocava le meraviglie degli ambienti: la scatola ottica o diorama teatrale. Si presentava, all’esterno, come una piccola colonnina in legno, o una lunga scatola orizzontale più o meno decorata o intagliata, che poteva sembrare parte dell’arredamento se non fosse stato per un grande “occhio”, una lente, rivolto verso il centro della stanza.
Sbirciando attraverso la lente, paesaggi, panorami o interni di palazzi in perfetta tridimensione, si rivelavano agli occhi dello spettatore.
Nei primi anni del XIX secolo, i contenitori di legno vennero eliminati e si costruirono le prime scene a più piani utilizzando solo la carta come poi per i libri.
Ne è un esempio il Peep Show di Marc Isambard Brunel. Nel 1823 egli presentò il progetto per la costruzione di un tunnel sotto il Tamigi che avrebbe collegato due città sulle opposte sponde.
Per costruire il modello di questo progetto, che si prestava in modo particolare ad essere illustrato con la tecnica delle scatole ottiche, sostituì la colonna in legno con un cartone piegato a fisarmonica (come quello di un soffietto fotografico) che permetteva al peep show di essere facilmente richiuso dopo la visione e conservato in libreria.
Le prime immagini da animare a scopo “dilettevole” apparvero nella seconda metà del ‘700 create verso il 1760 dall’editore londinese Robert Sayer, le Harlequinades, o Metamorphoses Book o Turn Up Book, erano costituite da due immagini stampate su un unico foglio che, tagliato in quattro parti e ripiegato perpendicolarmente su se stesso, sovrapponeva i due disegni nascondendone uno. Sollevando le parti del foglio, le immagini si componevano in nuove combinazioni che davano un risvolto ironico o canzonatorio alla storia che si stava narrando. Sayer pubblicò diversi “racconti di Arlecchino” fra il 1765 e il 1772.
Questi libretti divennero molto popolari, furono imitati da altri editori e venduti anche fuori dall’Inghilterra, ma a causa della scarsa qualità della carta su cui erano stampati e dell’usura provocata dai movimenti, le copie in buono stato giunte fino a noi sono poche.
Rare sono anche le copie, ben conservate, delle pubblicazioni dalla casa editrice londinese S. and J. Fuller che fra il 1810 e il 1812, propose alcuni libri che contenevano, ognuno, sette o otto figure con abiti diversi, a cui mancava la testa. Questa era disegnata su un cartoncino staccato e aveva una lunga linguetta sotto il collo che doveva essere infilata nella scollatura dell’abito, permettendo così di “vestire” la bambola di carta con vari costumi. Qualche anno dopo, la stessa tecnica fu applicata ad immagini che rappresentavano ambienti di vita familiare che dovevano essere completati da figure che andavano inserite, con la medesima tecnica della linguetta, in invisibili fessure praticate in alcuni punti dell’immagine.
Uno dei primi “lift the flap” per “giocare” fu creato verso il 1820 dal pittore William Grimaldi. Si dice che l’artista, per intrattenere gli invitati ad una festa, avesse disegnato su foglietti di cartoncino gli oggetti che si trovano comunemente su una toeletta. Ogni immagine celava una virtù, che Grimaldi vi aveva abbinato, che si rivelava solo sollevando il foglietto. L’idea di pubblicare un libro raccogliendo queste immagini venne alla figlia dell’autore. Il successo fu tale che in breve tempo fu necessario stampare una seconda edizione. Altri autori si cimentarono con la tecnica delle immagini da “sollevare” ma nessuna produzione piacque come il Toilet Book, neppure il secondo titolo realizzato dagli stessi Grimaldi.
Una “bambola” da vestire fu protagonista di uno dei primi libri della Dean & Son, Dame Wonder’s Transformations, pubblicato verso il 1850. Nell’ultima pagina era disegnata una graziosa ragazza inglese mentre, in ognuna delle pagine precedenti, erano disegnati costumi tipici di altri paesi. Sopra gli abiti, al posto del viso, c’era un foro che permetteva di vedere il ritratto di Miss Rose stampato nell’ultimo foglio. Girando le pagine, la ragazza “indossava”, di volta in volta, tutti gli abiti. Il successo di questo titolo fece intuire all’editore il grande fascino che i libri animati potevano esercitare sui lettori soprattutto più giovani e la Dean & Son diventò la prima casa editrice di libri animati per l’infanzia.
Fra il 1860 e il 1900 pubblicò circa 50 titoli, utilizzando numerose tecniche di costruzione, tra i quali vanno ricordati Little Red Riding Hood (1864), considerato il primo libro tridimensionale e gli altri scenic book Robinson Crusoe, Cinderella e Aladdin. Ogni illustrazione era scomposta su tre o quattro piani intagliati e collegati con listarelle di cartoncino. Tirando il nastro collocato sul retro del cartoncino che costituiva lo sfondo, la pagina veniva sollevata verticalmente e i piani si alzavano creando un effetto di prospettiva. Il testo era stampato sulla pagina orizzontale ed era visibile solo quando l’illustrazione veniva alzata. Molti libri della Dean & Son furono pubblicati anche negli Stati Uniti, dalla Casa Editrice E. P. Dutton.
Negli anni successivi altri editori londinesi si cimentarono nella realizzazione di libri animati e tridimensionali, fra questi Raphael Tuck (1821-1900), un emigrato di origine tedesca, che aveva fondato nel 1870, insieme ai figli, una casa editrice che in breve tempo era diventata famosa per la qualità delle sue produzioni.
Bambole di carta, decorazioni, giochi, biglietti venivano progettati negli studi di Londra, ma stampati dagli abili tecnici delle industrie tedesche. Dopo il 1882, in seguito al pensionamento del padre, il nome della casa editrice si trasformò in Raphael Tuck & Sons e iniziò la produzione dei libri animati e tridimensionali.
Come quelli della Dean & Son, i libri animati della Raphael Tuck & Sons, proponevano immagini che si alzavano dallo sfondo aprendo il libro o si animavano tirando una linguetta di cartoncino. Gruppi di bambini e animali domestici ne erano i protagonisti. Fra i libri più belli troviamo quelli della Father Tuck Mechanical Series pubblicati attorno al 1890 e il volume Summer surprises (1896) in cui sono contenute splendide pagine tridimensionali ripubblicate alcuni anni fa, con successo, in tutta Europa (in Italia dalla Rizzoli con i titoli Al mare e In campagna).
In Germania, per la tradizione ed esperienza nella stampa a colori, furono molti gli editori che si cimentarono nella produzione di libri animati e tridimensionali, fra gli altri J.F. Schreiber di Esslingen o la Braun & Schneider di Monaco che pubblicarono i libri di Meggendorfer. Molte delle loro opere sono state ristampate in questi anni (ad esempioTheater-Bilderbuch e Allerneuestes Theaterbilderbuch) e in alcune si riconoscono gli elementi di un piccolo teatro (come nelle scatole ottiche), qualche volta arricchiti dal movimento di alcuni personaggi.
Una delle produzioni più interessanti è quella legata a Ernest Nister (1842-?) e alla sua casa editrice che cominciò a pubblicare libri per bambini verso il 1880. La sua attività si svolse fra Norimberga – dove avevano sede gli studi in cui le sue opere venivano progettate e realizzate – e Londra, dove aveva aperto un ufficio commerciale. Grazie ad un accordo con la E. P. Dutton di New York, molti dei suoi libri furono venduti anche negli Stati Uniti.
Con lui lavoravano illustratori di talento, infatti i disegni delle edizioni Nister hanno uno stile inconfondibile. Vi troviamo rappresentati bambini paffuti e sereni che si immedesimano nei ruoli degli adulti oppure giocano in compagnia di simpatici animali. Poesie e filastrocche, le stagioni, i giochi, il mare, il Natale sono temi ricorrenti nella sua produzione.
Oltre a migliorare la qualità dei tradizionali libri mobili, gli artisti e i tecnici della Casa Editrice Nister inventarono nuove soluzioni tecniche.
Le illustrazioni delle sue opere si alzavano dal foglio grazie a impalcature di linguette in cartoncino e tessuto (come Wild animal stories o Peeps into Fairy Land); si dissolvevano l’una nell’altra perché divise in listarelle orizzontali o a spicchi che si intrecciavano tirando una leva in cartoncino (come Playtime surprises) o ruotando un nastro lungo il perimetro dell’immagine (come Revolving pictures o Surprising Pictures) si completavano osservandole in trasparenza (come The Magic Toy Book).
Negli anni ottanta i libri di Nister sono stati ristampati in tutto il mondo, ma in molti casi le pubblicazioni non sono fedeli alla versione originale, sia per le dimensioni che per il numero di illustrazioni contenute nella versione originale.
In alcuni casi si tratta di creazioni di autori moderni che hanno animato immagini tratte dai suoi libri.
Lothar Meggendorfer (1847-1925), il “genio” inventore dei libri meccanici più complessi fin ora creati, nacque a Monaco, in Germania. All’inizio del secolo il suo nome era molto conosciuto sia fra gli adulti che fra i bambini, ma poco per volta è stato dimenticato. Nel 1860, in seguito alla morte del padre, dovette abbandonare la scuola. Dopo due anni, grazie all’interessamento di un amico che riconobbe il suo talento, cominciò a frequentare l’Accademia d’Arte di Monaco. Nel 1866 entrò nello staff della rivista umoristica Fliegende Blatter (Fogli Volanti) e in seguito collaborò anche con altre pubblicazioni, ma disegnare e colorare non gli bastava. Lo interessavano certi biglietti d’auguri per bambini che presentavano immagini mobili o in rilievo.
Si dice che, prendendo spunto da questi, Meggendorfer costruisse, come regalo di Natale per i suoi figli, un libro con figure che si muovevano come marionette. Egli aveva intagliato alcune parti delle figure disegnate su un foglio e le aveva fissate allo sfondo con piccole spirali di metallo collegate fra loro con listarelle di cartone nascoste fra le pagine. Tirando una piccola leva che spuntava dal bordo del foglio, le figure si animavano.
Quello fu il prototipo del primo dei tanti libri che preparò, per i quali realizzò sorprendenti meccanismi che gli permettevano di far compiere ai protagonisti dei suoi disegni fino a cinque o sei movimenti contemporaneamente e in direzioni diverse, quando le immagini realizzate dagli altri autori ne compivano uno o due la volta.
Realizzò anche opere tridimensionali, come Im Stadtpark, Das Puppenhaus e Internationaler Circus il suo libro più famoso, ma di Meggendorfer va apprezzata soprattutto l’ingegnosità che dimostrò nell’escogitare meccanismi per animare le figure che illustravano le sue filastrocche, che gli consentì di creare veri capolavori di ingegneria cartotecnica. Alcuni suoi libri furono pubblicati in Italia dall’editore Hoepli. La produzione di libri pop-up fuori dalla Germania e dall’Inghilterra fu quantitativamente più modesta. In Francia vanno ricordate le pubblicazioni di A. Capendu di Parigi, piccoli scenari teatrali e libri animati, che somigliano alle opere della Dean & Son.
In Italia si ebbe una produzione di buon interesse artistico, ma di tiratura limitata. Qualche volta è difficile datare esattamente i libri di quel periodo, perché “restauri” compiuti da mani poco esperte, sostituzioni di copertine o smarrimento di frontespizi, hanno privato i testi di riferimenti editoriali
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Con Hoepli (che tradusse all’inizio del secolo alcuni titoli di Meggendorfer e negli anni quaranta propose tre grandi carousel, i Libroteatro Hoepli), fra i primi a pubblicare storie appartenenti alla tradizione italiana troviamo gli editori Treves, Bemporad, Vallardi e il fiorentino R. Franceschini & F. che negli anni quaranta propose libri con “figure animate”, con meccanismi molto semplici.
Nel periodo fra le due guerre, poche case editrici continuarono a proporre nei loro cataloghi libri animati e tridimensionali. Si tornò alla produzione di singoli fogli, biglietti augurali o souvenir per avvenimenti importanti e nessun autore si distinse per creatività o apporti innovativi fino al 1929, quando a Londra fu pubblicato il primo libro di J. L. Giroud.
Carta e stampa non avevano certo la qualità e la raffinatezza di quelle utilizzate per le opere degli autori precedenti, ma i costi contenuti e una nuova, semplice, tecnica capace di creare effetti originali e molto piacevoli fece dei libri di Giroud un vero successo editoriale e le sue opere diventarono molto popolari in Inghilterra negli anni fra le due guerre. Fra il 1929 e il 1934 egli realizzò le animazioni per gli annuali del Daily Express.
Più tardi fondò la Strand Pubblications con cui pubblicò, fra il 1934 e il 1950, i 17 titoli della serie Bookano Stories. Il testo occupava la maggior parte del volume che conteneva da 3 a 6 figure pop-up – pictures that spring up in Model Form – che si alzavano quando il libro veniva aperto e occupavano lo spazio di due facciate; alcune figure si muovevano se le pagine venivano, in parte, chiuse e aperte con movimenti ripetuti.
Chi introdusse il termine pop-up, per indicare i libri che avevano illustrazioni tridimensionali o animate, fu la Blue Ribbon Press di New York. Fra le sue pubblicazioni più conosciute troviamo i quattro pop-up che hanno per protagonisti i personaggi Disney usciti fra il 1933 e il 1934. Qualche anno dopo, la Pleasure Books Inc. Chicago, dello stesso gruppo editoriale, realizzò altri libri con protagonisti che appartenevano al mondo dei fumetti: Buck Rogers, Tarzan, Flash Gordon, Tim Tyler, Dick Tracy, Little Orphan.
Negli anni quaranta ripresero anche le pubblicazioni della McLoughlin Bros. che aveva editato, dal 1880 alla fine del secolo, giochi di carta e libri animati che avevano avuto un buon successo commerciale. Nel 1939 pubblicò i primi titoli della serie Jolly Jumps che si rivelarono, con i volumi editati negli anni successivi, una produzione di notevole interesse artistico.
Il rilancio della produzione si ebbe però al principio degli anni sessanta. Iniziò la Bancroft Publishing, di Londra, diffondendo le pubblicazioni della Artia di Praga (in Italia tradotte dalla Cino del Duca Editore) illustrate da Voitec Kubasta.
Nelle sue opere questo autore seppe rinnovare la tecnica più semplice ed elementare per costruire una immagine su più piani: tutta l’illustrazione, comprese le parti che saranno poste in rilievo grazie ad incisioni e piegature, è disegnata direttamente su un unico foglio. Questo prevede che una immagine venga costruita con elementi disegnati da punti di vista prospettici diversi.
Fino a quel momento legata ad una produzione editoriale minore (ne sono un esempio in Italia i titoli delle edizioni Mediterranee degli anni quaranta e quelli dell’editore Piccoli negli anni sessanta), questa tecnica raggiunse con Kubasta la massima espressione artistica.
Molti autori si sono cimentati, in seguito, con queste strategie tecniche che permettono di ottenere belle soluzioni volumetriche con costi contenuti, tuttavia le opere di Kubasta conservano una originalità e un fascino tutti particolari, non ancora eguagliati.
Il “nome” più importante nella storia contemporanea dei pop-up è quello di Waldo Hunt che da appassionato collezionista ne è divenuto il maggiore produttore. Hunt vide il primo libro pop-up in Germania, durante la seconda guerra mondiale e ne rimase affascinato. Nel 1960 fondò la Graphics International, poi confluita nella Hallmark, con cui pubblicò oltre 30 titoli tradotti in molte lingue (in italiano dalla Mondadori). Nel 1975 avviò, a Los Angeles, l’Intervisual Communication, la più importante casa di produzione di libri pop-up che oggi propone ogni anno decine di nuovi titoli che vengono pubblicati in tutto il mondo.
Con Hunt hanno lavorato i più bravi paper engeneers, fra cui ricordiamo Ron Van Der Meer, Keith Moseley, Rodger Smith, mentre altri si sono formati professionalmente negli studi della Intervisual fra cui Dick Dudley, Pat Paris, e James Roger Diaz che ora hanno intrapreso un attività indipendente.
I libri “mobili” creati negli ultimi anni mostrano costruzioni sempre più complesse e affascinanti (si pensi alla serie della National Geographic Society, in italiano Mondadori) e la sorpresa che si prova sfogliando queste pagine è ancora maggiore nelle opere in cui sono stati inseriti anche i suoni (come negli ultimi libri illustrati da Pienkowsky Phone book, Door bell, Road Hog) o luci (ad esempio The Phantom of the Opera o Jingle Bugs).
Negli ultimi venti anni tanti illustratori, paper engeneers, creativi hanno contribuito con il loro talento ad arricchire la sorprendente ingegneria di carta racchiusa nel libri tridimensionali e meccanici di Ernest Nister e Lothar Meggendorfer proponendo ai lettori pagine sempre più elaborate e imprevedibili, pagine che incantano e stupiscono e che appartengono al magico mondo della fantasia anche quando raccontano la vita reale o simulano il funzionamento di una macchina, del corpo umano, i misteri dell’universo o aiutano ad imparare a leggere.
Tranne pochi casi, i libri che oggi troviamo sul mercato in tutto il mondo vengono realizzati in Cina, Colombia e a Singapore dove hanno sede importanti case di produzione che riescono, grazie alla qualità di stampa raggiunta e ai tempi brevi di preparazione, ad assemblare manualmente migliaia di copie per ogni titolo.
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