Anni fa, a Milano, in una via un po‘ fuori mano, si trovava lo studio di un libraio agli inizi della sua carriera. La libreria era interna. Si suonava a un portone anonimo e si entrava attraverso una porta stretta; tutto l‘ambiente era dimesso, ma bastava varcare la soglia perché il clima del luogo cambiasse magicamente.
La prima sensazione era all‘ olfatto. Ogni volta venivi accolto da uno squisitissimo profumo, un profumo di dolci: vaniglia, cioccolata, marmellate, cialde, bigné. Li sentivi tutti, anche se non li vedevi mai; perché era il retro di una pasticceria artigiana l‘origine di tanta delizia.
Le edizioni più rare di Gadda le trovai tutte lì, nella libreria dal cortile incantato, tanto che ormai, per me, l’ Ingegnere è associato al profumo dei dolci ““ gli avrebbe fatto piacere perché ghiotto lo era di sicuro ““ e alla magia di un balcone esuberante. Credo anche che non sia un caso se i libri di Gadda sono legati a ricordi personali. Tutta la sua opera è un ricordo, pochi altri scrittori si sono tanto affidati alla memoria per scrivere, per attingere materia da interpretare, tradurre in metafore e similitudini e linguaggio. Perciò per parlare delle sue edizioni userò le sue lettere: a Ugo Betti, a Tecchi, al cugino Gadda Conti, agli amici milanesi. E’ Gadda che parla di Gadda e dei libri suoi. àˆ una buona guida, precisa e sempre vivacissima.
Gadda, congedato nel 1919, aveva ripreso e finito gli studi di ingegneria al Politecnico di Milano, allora con sede dietro piazza Cavour, dove è ora il Centro Svizzero. “Ho preso la laurea il 14 Luglio 1920, ho fatto stampare 100 biglietti da visita con su ‘ingegnere elettrotecnico’ e mi sono subito impiegato, sempre per via del manzo a lesso” (14-9-20). “Io, ingegner fantasia, con penisole e promontori nelle lettere, scienze, arti, varietà , con tumori politici ed annichilimenti dopo i pasti, mi occupo ora dell‘assestamento di alcune centrali elettriche e ho a che fare con rampini, tubetti, valvoline, pezzetti di maiolica, ferretti, filuzzi, vetrini, scatolette, barili d‘olio ultra bisunto”(6-4-21).
Poi l’avventura sudamericana: “Mi sono lasciato ‘corrompere‘ dall‘idea americana. E’ però un corrompere di natura un po‘ speciale. àˆ il desiderio di conoscere, di vedere, di studiare e anche un po‘ di operare, fra genti diverse. Se resisterò bene ““ se andrò a fondo ““ peggio per me. La Società che mi assume è la Compagnia General de Fosforos di Buenos Aires”.
In Argentina Gadda pubblica il suo primo scritto letterario. E’ una recensione a Il Re pensieroso, libro di liriche di Betti, stampato da Treves nel 1922. La recensione appare sulla rivista “Patria degli Italiani”, il 20 aprile 1923, firmata: “ingegner Carlo Emilio Gadda”.
Il lavoro d‘ingegnere, però, non mantiene le promesse: l‘ambiente non è così interessante, le frequentazioni scarse, la scontentezza insita nel carattere di Gadda è già all‘opera. Nel 1924 rientra in Italia, ed è a Milano. Riprende gli studi di filosofia all‘Università Statale e, allo stesso tempo, insegna matematica e fisica al liceo Parini. Decide anche di partecipare al concorso Mondadori per un romanzo inedito. Il suo primo approccio al romanzo produce l‘incompiuto, e inedito allora, Racconto italiano di ignoto del novecento.
La tregua, però, dura poco: i lavori ingegnereschi lo tirano da tutte le parti. Nel 1925 Gadda è a Roma, impiegato alla Società Ammonia Casale nella costruzione di impianti di ammoniaca in vari paesi d‘Europa. Ma il rapporto tra la professione d‘ingegnere e gli interessi letterari comincia a capovolgersi. Se dapprima la letteratura era vista come disordine, bohème, ora è l‘ingegneria che rischia di esser perdita di tempo, e possibilità tolte alla vocazione vera di scrittore: “La sera, tardi, esco stanco dall‘ufficio dopo aver messo a posto un numero inverosimile di tubi che fanno dei garbugli inimmaginabili [“¦] In Roma imperiale non mi trovo malaccio, sebbene la cucina al burro sia difficile da ottenersi, perché questi moriamazzati prediligono l‘olio [“¦] Adesso devo progettare dei pentoloni per fare il solfato ammonico che è una sorta di letame, ma dall‘aspetto pulito del sale: questi pentoloni pesano più d‘un elefante perché sono di piombo e devono andare in Russia” (Lettere a Betti, febbraio 1926).
Il 1926 è un anno importante per Gadda, perché segna l‘inizio della sua collaborazione a Solaria con gli Studi imperfetti. àˆ il primo passo verso rivista e casa editrice che pubblicheranno le sue prime opere. Inoltre, il pensiero di lasciare gli impieghi per la letteratura continua a emergere: “Sto pensando di lasciare definitivamente questa vita di adultero, che mi assicura un pane; e di fare uno di quei colpi di testa che fruttano il più delle volte una revolverata nel cervello. Attraverso un periodo terribile di lotta, di vigliaccheria, di paura, cercando una liberazione che mi permetta di fare la mia vita. Ma, se socchiudo gli occhi per pensarci, vedo davanti a me la soffitta, le scarpe rotte, via i bottoni, il pane presso la fontana ““ e ciò mi fa terribilmente paura, perché i miei gusti vigliacchi sono per gli spaghetti alle vòngole, le fragole al marsala, e buone scarpe”.
Poi, il 4 novembre del 1927, ““ giorno di S.Carlo ““ la decisione: “La mia crisi intima, eterno mal di ventre, si è recentemente risolta in un atto pazzesco: ho dato le dimissioni dalla Società in cui mi trovo, per vedere di incanalarmi sulla miserabile via delle lettere più o meno belle”.
Oltre a “Solaria” Gadda collabora alla “Fiera Letteraria” di Umberto Fracchia e cerca di entrare alla “Lettura del Corriere della Sera”. Nel febbraio del 1928 è a Milano: “Un guasto allo stomaco. La riparazione durerà parecchi mesi, ma forse potrò lavorare un po‘ per conto mio”. In aprile chiede a Betti: “Volevo chiederti se conosci qualche editore-mecenate disposto a finanziare il mio primo libro ““ novelle, frammenti ““ di circa 300 pagine. Pare che costi 3.000 Lire. Io ne sborserei 1.000. Solaria risponde che sono in magra”. E’ questo il primo accenno alla pubblicazione di La Madonna dei Filosofi. Il cammino sarà però lungo, difficile, pieno di ripensamenti e ritorni al passato. Passano due anni tra malattie, contatti a vuoto, qualche collaborazione, una prima stesura di una parte di quella che sarà La Meccanica. Nel 1930 è di nuovo a Roma, ha ripreso con la Società Casale, i libri sono in sospeso. In una delle ultime lettere a Betti appare, come grottesca fantasia, la visione del suo funerale, rivelatrice della sua esasperazione, ma anche della sua sicurezza di scrittura e anticipazione di stile: “Al funerale ci sarà probabilmente uno scheletrito cavallo, con gualdrappe nere argento, paraocchi e pennacchio nero: il quale, lì per lì, non si capirà bene cosa possa simboleggiare. Ad ogni passo del comatoso quadrupede il pennacchio gli oscillerà su quella testa carcassa, vuota d‘ogni immagine: e dagli occhi velati gli verrà fuori una specie di marmellata di susine: sulla serpa avranno issato un cocchiere ottantenne con una feluca neroverde per lunghe acquate novembrine [“¦] Questo funerale potrebbe riuscire insomma una cosa molto decorosa: qualche signora potrebbe tentare una piangiutina [“¦] qualche semizio o ex-cugino si sarà provveduto d‘una cravatta nera [“¦] Ci saranno forse anche degli erbaggi e qualcuno ‘dirà due parole di saluto‘ belando un‘adeguata porzione di luoghi comuni in italiano-naviglio, con trenta o quaranta errori di grammatica al massimo”.
Tecchi, scrittore e germanista, è amico di Gadda fin dai tempi della prigionia in Germania. àˆ lui che aiuta Gadda a entrare in rapporti con Solaria e quindi con Bonsanti e Carocci, i due direttori. Non solo, è lui che partecipa concretamente al finanziamento dell‘edizione. Già dal 1929 Gadda gli scrive: “Con Carocci si è combinato il volume. E ciò, devo dirtelo, grazie anche al tuo generoso intervento, dopo aver sentito Parenti decisi di accettare il tuo intervento per L. 500, io espongo L. 1500, con che si raggiungono le 2.000 lire necessarie alla stampa del volume: 212 pagine ‘in toto‘”.
In realtà , da quest‘annuncio passeranno quasi due anni di va e vieni prima della stampa, poi la riuscita “Carissimo Venturino, il mio libro è finalmente uscito e il mio primo pensiero è stato quello di mandarti un vivo grazie per tutto. Ti ho fatto inviare una copia con una modestissima dedica, che non dice quanto vorrei. Ma a Firenze ti prego di farti dare una delle sei copie in doppio-guinea e di tenerla come mio ricordo”.
La scheda bibliografica del volume dice: La Madonna dei Filosofi, Firenze, Edizioni di Solaria, marzo 1931; l‘edizione originale è in 200 esemplari numerati, dei quali i primi 10 su carta doppio-guinea; in più è stampata una tiratura fuori serie riservata alla vendita.
La storia dell‘edizione vede un rapporto con Solaria, in particolare Carocci, attentissimo da parte di Gadda, preciso fino alla pignoleria : “Bisognerà ora rivedere molto accuratamente le bozze, perché gli errori sono molti dal lato tipografico, curando l‘ortografia e la punteggiatura. Ti prego perciò di metterti d‘accordo con Bonsanti che si era cortesemente offerto per la revisione e la correzione. Io sono in un periodo tremendo, terremotato”.
“Ti sarei grato di raccomandare a Parenti perché la stampa e l‘impaginatura siano accurate. Quanti esemplari si fa? Nel contratto è detto 1.000 dei quali 800 in vendita e servizio stampa, e 200 costituenti l‘edizione originale”. “Forse ci sarà la dedica del volume: si tratterebbe di una signora. Ti sembra opportuno o no, dato che ci sono espressioni talora un po‘ scabrose ?” (Lettere a Solaria, 11 gennaio 1931).
Con la pubblicazione de La Madonna dei Filosofi Gadda inizia la sua storia letteraria. Ma, ovviamente, non in modo lineare, né indolore. Nel 1932 è a Milano, scrive per l‘”Ambrosiano” articoli e recensioni, cerca altri sbocchi, ne trova pochi. Nell‘estate è in Brianza all‘odiato Longone. Di lì scrive al cugino Piero Gadda Conti: è venuta a maturazione una delle solite burrasche. Non mi è evidentemente possibile, dal lato economico, tirare avanti così, data la francescana parsimonia dei vari Ambrosiani che si lasciano imbrattare dalla mia penna. Sicchè, dopo molto e doloroso recalcitrare, esaminato ancora una volta il mastro e riconosciuto tutto l‘orrore della partita, ho finito con l‘accettare una nuova ‘corvée‘ con l‘animo del bue che va al macello” (10 agosto 1932). E’ l‘impiego al Vaticano.
“Mi sono goduta tutta l‘estate petrosa di Piazza S.Pietro, in un perenne stato di fradicità sudorifera [“¦] Il posto di ingegnere che attualmente occupo ““ per meglio dire è lui che occupa me ““ è in uno ‘Stato Estero‘ avente la superficie di zero virgola otto chilometri quadrati. E’ stato un grave errore accettarlo, ne sono già amaramente pentito[“¦] Dovrei occuparmi della luce, dell‘energia, dei termosifoni, delle latrine, dell‘acqua, del gas di questo Stato. Se una latrina si intoppa sono io che devo correre”.
Strano che un curioso come Gadda non nomini mai la parola Vaticano accanto alla definizione di Stato. In realtà , nota Gadda Conti, l‘impiego in Vaticano avrebbe potuto essere quasi una sinecura per Carlo. Ma il problema non era nelle cose, “estaba en su cabeza”, Gadda non sarebbe stato lui se avesse accettato l‘idea del placido cugino.
Dal 1934 in poi Gadda si avvia sempre più alle lettere. Le sue condizioni, materiali e morali, sono sempre presentate come molto difficili. Lo sono soprattutto per il suo “mal de vivre” endemico. Dopo il 1935, lasciato il Vaticano, si è stabilito a Firenze: “Sono scappato a Firenze per lavorare un po‘ e per fare economia”. Poi nel 1936 la crisi per la morte della madre, con tutto il groppo dei conflitti e dei sensi di colpa. A Firenze frequenta scrittori e pittori che si riuniscono al caffè delle Giubbe Rosse. Nel 1937 ricade in un impiego; sarà però un lavoro a breve: “Lavoro elettrotecnico a Roma e a Napoli, durante un‘estate torrida per conto di un tirchio novarese, ma è una combinazione provvisoria, per i primi di Dicembre sarei libero” (Lettere a P.G. Conti, novembre 1937).
Nell‘area della letteratura, Gadda collabora a riviste di attualità e cultura e nell‘estate del 1939 fa uscire le Meraviglied‘Italia, dedicato alla madre, prima edizione, Firenze, Parenti, luglio 1939, 355 copie su carta doppio guinea, 50 copie su carta comune fuori commercio. L‘avvio del volume è difficile: “Prevedo che sarà un fiasco completo. Finora non ne hanno comprato nemmeno mezza copia. Ciò che, del resto, non mi importa un fico secco” (lettera a S. Guarneri, 1939).
Intanto, nel 1943, esce presso Parenti l‘edizione di lusso de Gli Anni, prima edizione, Firenze, Parenti, maggio 1943. L‘edizione originale si compone di 175 esemplari, numerati, su carta Cina e di 25 esemplari d‘autore fuori commercio. Allegati tre disegni di De Pisis raffiguranti figure di efebi. àˆ il primo libro illustrato di Gadda (il secondo sarà Il primolibro delle favole, con disegni di Vucetich). Gli efebi di De Pisis erano in prima battuta destinati a una riedizione di lusso de Il Castello di Udine, ma, non andato in porto il progetto, passarono a Gli Anni.
Quasi assieme a Gli Anni si approntano le copie de L‘Adalgisa. Disegni Milanesi, prima edizione, Firenze, Le Monnier, 1944, edizione originale di 1.000 esemplari numerati e 100 fuori commercio “L‘Adalgisa, stampata dal Le Monnier rappresenta il mio lavoro di due anni : mi ha valso 5.000 Lire per due edizioni. La prima, molto bella, uscì nel Dicembre del 43, non so se mi spiego” (in Gadda come va la vita, Milano, Garzanti, 1991).
Gadda vuole inseguire tutto, pubblicare tutto, preso dalla frenesia del dopo-guerra; risultato : un guazzabuglio a non finire senza pubblicare niente. Ovviamente si sfoga: “Nessuno sa nulla di me, dici. E’ una snobistica mania degli amici che non fanno che spettegolare sul mio conto dalla mattina alla sera, col deretano insediato su una ‘cadrega‘ delle Giubbe. Sto sempre in via Repetti 11, piano 3°, in una povera e bombardata soffitta: col coinquilinato forzoso di rompicorbelli piccinini e puntigliosi (piccola borghesia toscana : la razza peggiore tra quanti bipedi impidocchiano la crosta ignomignosa del globo)” (Lettere a P.G. Conti, 1945).
Nel 1952 esce Il primo libro delle Favole, prima edizione, Venezia, Neri Pozza Editore, gennaio 1952. Sopracoperta con disegno di Mirko Vucetich, 25 disegni dello stesso all‘interno. Edizione originale di 1.250 esemplari più 60 su carta a mano; di questi 12 hanno i disegni colorati a mano dall‘artista. Libro contro tendenza, dato il clima neorealista, accolto anche da critiche: “Un libretto ruvido, pieno di porcherie, specie contro il Predappio e un po‘ scurrile. E’ solo per adulti maschi (Lettere a P.G. Conti, 1953).
Ma nel 1953, le Novelle del Ducato in fiamme vincono il premio Viareggio, prima edizione, Firenze, Vallecchi, aprile 1953, stampata in 3.000 esemplari, più 55 copie numerate. E’ il primo vero successo di Gadda. Il premio Viareggio, ben più importante del Bagutta, fa conoscere Gadda a un pubblico più vasto. Giulio Cattaneo ne Il gran Lombardo riferisce le reazioni di Gadda al premio: “Stupende signore affollavano il giardino del grande albergo dove la cerimonia si è svolta, dalla mezzanotte all‘aurora. I fotografi hanno sostituito il sole fino alle quattro. Arrivavano a ondate, coronati di lampi come battaglioni all‘assalto. Mi hanno sparato ottocento colpi al magnesio. I rotocalchi hanno divulgato la mia faccia”.
Nel 1955 escono contemporaneamente Giornale di Guerra e di Prigionia e I Sogni e la Folgore. Il primo è edito da Sansoni, prima edizione, Firenze, maggio 1955; il secondo da Einaudi, prima edizione, Torino, luglio 1955.
I due libri non ebbero successo, in particolare Il Giornale: “Il volume lodato dai critici dal punto di vista della autenticità della sofferenza, o della follia, o del crudo realismo è stato pochissimo venduto (55 copie in toto, in tutta Italia, secondo il rendiconto dell‘editore”. Ma pure la trilogia I sogni”¦ dal bellissimo titolo tipicamente gaddiano, tirata in 3.000 copie ebbe vendite scarse e lente.
Il 1957 invece, è di nuovo un momento di grande verve. Esce Quer Pasticciaccio brutto de via Merulana, prima edizione, Milano, Garzanti, giugno 1957, sopracoperta a colori disegnata da Fulvio Bianconi. L‘edizione originale è di 5.000 copie, ma nel complesso il libro avrà 33 edizioni e raggiungerà le 300.000 copie. I commenti di Gadda, a caldo, sono evidentemente soddisfatti, ma pieni di un‘ironia quasi scaramantica: “Ho avuto giorni infernali con l‘uscita del volume [“¦] ero sfinito, anche moralmente : non puoi credere cosa mi è costato di fatica e di pena l‘infernale pasticcio” (Lettere a P. G. Conti, settembre 1957).
Il culmine qualitativo dell‘opera di Gadda però, è il 1963. Einaudi pubblica la Cognizione del dolore il suo libro più importante. Ne esce prima un‘edizione fuori commercio, del marzo 1963, in 100 esemplari destinati ai giudici del Prix international de littérature che Gadda effettivamente vinse. In copertina, a piena pagina, il suo ritratto: “Io odio la mia immagine come un arabo, un ebreo o un iconoclasta : esco da un‘estenuante lotta con Einaudi perché non la riproduca su un libro mio che sta per uscire. Ma non c‘è stato verso : il libro uscirà con la facciazza mia”(Lettere a P.G. Conti, aprile 1963). In seguito, però, la prima edizione in commercio della Cognizione vedrà sparire la faccia di Gadda, sostituita con un particolare della Veduta della Villa Melzi d‘Eril alla Gazzada presso Varese del Bellotto.
Gadda non si arresta certo al 1963. Tutta una serie di opere seguono, dai Luigi di Francia del 1964 ai Racconti del 1965; da Eros e Priapo a Il Guerriero e l‘Amazzone“¦ del 1967; dalla Meccanica del 1970 alla Novella Seconda del 1971.
Se avesse potuto, non avrebbe smesso mai.
Hilarius Moosbrugger
Tratto da: Wuz n. 8, ottobre 2002
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