Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare,
Sorgenti, sorgenti che sanno
Sorgenti che sanno che spiriti stanno
Che spiriti stanno a ascoltare…
(Canti orfici, “Canto della Tenebra”)
Lo scorso 2014 è stato l’anno del centenario della pubblicazione dei Canti Orfici, ricorrenza passata purtroppo quasi sotto silenzio nonostante l’importanza che quest’opera riveste per la storia della poesia italiana. Sembra proprio che dopo un secolo il capolavoro di Dino Campana sia ancora afflitto da quella “maledizione” che impedì all’autore di riscuotere in vita il meritato successo. Eppure pochi autori e pochissimi libri possono vantare una storia tanto rocambolesca.
Ma i Canti Orfici meriterebbero senza dubbio più attenzione non tanto per la loro storia, quanto per la loro unicità nel panorama letterario italiano. Un libro che ancora oggi ci è difficile inquadrare e che forse per questo mantiene ancora intatto il suo fascino. Si tratta infatti di un’opera frammentaria, tutta novecentesca, a tratti visionaria: la poesia si alterna alla prosa il lettore si trova sospeso tra spazio e tempo indefiniti, inseguendo quella che Montale definì in un famoso saggio una “poesia in fuga”. E non a caso, visto che Campana fu un uomo (e un poeta) inquieto, errante, in costante movimento, sempre in cammino alla ricerca di una pace che non arrivò mai. Già nel famoso Quaderno, precedente ai canti scriveva:
Pace non cerco, guerra non sopporto
tranquillo e solo vo pel mondo in sogno
pieno di canti soffocati. Agogno
la nebbia ed il silenzio in un gran porto.
(Quaderno, “Poesia facile”)
Del resto il rimando a Orfeo del titolo fa pensare proprio a un viaggio iniziatico, alla ricerca della conoscenza, in un’oscurità che ospita quegli spiriti evocati nel famoso “canto delle tenebre”.
Le immagini forti, i colori, il ritmo a tratti musicale anche nella prosa, avvicinano Campana per sensibilità ad artisti di altri ambiti culturali: sappiamo della sua fascinazione per Nietzsche, è stato spesso accostato a Rimbaud, mentre non a caso i versi di Whitman chiudono i Canti Orfici. Montale si spinse oltre e lo accostò ai pittori metafisici.
Una distanza notevole separava dunque il poeta di Marradi dai circoli letterari italiani del suo tempo, dai quali sicuramente non ricevette in vita l’apprezzamento che meritava. Per pubblicare i Canti a sue spese fu costretto a lanciare una sottoscrizione tra i suoi concittadini: versando 2,50 lire avrebbero ricevuto una copia del libro, una volta stampato.
Tutta la gestazione dei Canti Orfici, l’unica raccolta compiuta degli scritti di Campana, fu comunque travagliata e dolorosa: il poeta aveva ultimato un primo manoscritto intitolato Il più lungo giorno e si era recato a Firenze per proporne la pubblicazione a Papini e Soffici, che allora dirigevano la prestigiosa rivista “Lacerba”. L’unica copia del manoscritto come è noto andò persa, e Dino Campana disse che fu costretto a riscrivere l’intero testo affidandosi solo alla sua memoria e ai suoi appunti. Solo minacciando Soffici di farsi giustizia con un coltello riuscì a ottenere nel 1916 la restituzione di parte delle carte.
La storia del manoscritto fu una vicenda degna di un romanzo giallo. Il suo ritrovamento casuale, nel ‘71, tra le carte di Ardengo Soffici (nel frattempo scomparso) placò le polemiche: ad oggi nessuno ha stabilito se si trattò di una semplice negligenza o di un vero e proprio sabotaggio. Quello che è certo è che i Canti Orfici sono molto diversi dal manoscritto consegnato a Papini e Soffici: questo getta una luce diversa su tutta l’opera che non sarebbe tanto una riscrittura fatta sull’onda dell’emergenza – come si è a lungo creduto – quanto un lavoro compiuto e frutto di una notevole rielaborazione da parte di Campana.
Dopo pochi anni dalla pubblicazione dei Canti il poeta fu rinchiuso nel manicomio di Castel Pulci, vicino a Scandicci: qui morì nel 1932, dopo 14 anni di reclusione, e i suoi resti sono ancora custoditi nella vicina chiesa di Badia a Settimo – ma persino la sua sepoltura fu piuttosto travagliata.
Oggi fortunamente i manoscritti de il più lungo giorno sono consultabili anche on-line, e recentemente ne è stata ristampata una copia anastatica proprio in occasione del centenario: chiunque può comparare il manoscritto con la versione pubblicata dei Canti. Abbiamo anche a disposizione quel che resta del Quaderno e molte lettere del poeta, scritte anche da Castel Pulci: anche se la vicenda biografica di Dino Campana resta ancora a tratti oscura, negli anni molte questioni riguardanti la sua opera si sono quindi delineate. Il centenario della pubblicazione dei Canti Orfici potrebbe essere quindi l’occasione giusta per rileggere un’opera che era troppo moderna per i suoi contemporanei, ma che forse oggi, con il Novecento ormai alle spalle, potrebbe trovare finalmente una giusta collocazione.
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