È rimasto indecifrabile per secoli, il misterioso manoscritto Voynich, il codice medioevale acquistato agli inizi del Ventesimo secolo dal mercante di libri Wilfrid Voynich da un collegio gesuita italiano. Ma il manoscritto comincia a perdere parte del suo alone di mistero ora che Stephen Bax della University of Bedfordshire è riuscito a mettere insieme un minimo di alfabeto Voynich, abbinando alcuni dei simboli contenuti nel libro a dei suoni. E suggerendo che le origini del linguaggio usato per il codice rimandano all’Asia occidentale e non al Messico, comerecentemente ipotizzato.
Gran parte del codice resta ancora oggi indecifrabile, visto che i simboli usati non sono riconducibili a nessun linguaggio noto, ma le analisi di Bax potrebbero essere la chiave di volta per portare alla luce quel che nasconde il manoscritto, denso di rappresentazioni botaniche, astronomiche e figure umane.
Per interpretarne il contenuto Bax ha analizzato alcune parole potenzialmente rappresentanti dei disegni, per via della loro collocazione, e le ha quindi confrontate con i nomi corrispondenti allo stesso disegno ma in altre lingue.
“Il manoscritto ha un sacco di illustrazioni di stelle e piante”, ha dichiarato Bax, “Sono stato in grado di identificare alcuni di questi, con i loro nomi, cercando in manoscritti medievali a base di erbe in arabo e in altre lingue, e poi ho cominciato a decodificarli, con alcuni risultati entusiasmanti”.
Così, per esempio, racconta il New Scientist, una parola vicino a una possibile rappresentazione di una pianta di ginepro è stata accostata alla parola “oror” scritta nell’alfabeto romano e quindi alla pronuncia “a’ra’r” del nome arabo usato per il ginepro. Alcuni simboli usati in questa parola sono quindi stati trovati anche in una rappresentazione di stelle nel libro, forse quella delle Pleiadi, nella costellazione del Toro, identificando un potenziale termine corrispondente alla parola Taurus.
Procedendo in questo modo Bax ha decodificato 14 simboli in tutto, riuscendo a leggere pochissime parole (come quelle per ginepro e Taurus, ma anche elleboro e coriandolo). Ancora pochi, ma lo scienziato spera di coinvolgere altri linguisti a lavorare sul suo metodo per mettere insieme un alfabeto Voynich completo. Per ora, conclude il ricercatore, le similitudini con il latino, il greco e l’arabo portano a credere che il manoscritto sia un trattato sulla natura originario delle regioni caucasiche dell’Asia occidentale.
COS’E’ IL “MANOSCRITTO VOYNICH”
Il manoscritto Voynich è un codice illustrato risalente al XV secolo (ladatazione al radiocarbonio ha stabilito con quasi totale certezza che ilmanoscritto sia stato redatto tra il 1404 e 1438), scritto con un sistema di scrittura che a tutt’oggi non è stato ancora decifrato. Il manoscrittocontiene anche immagini di piante che non sono identificabili con nessun vegetale attualmente noto e l’idioma usato nel testo non appartiene ad alcun sistema alfabetico/linguistico conosciuto. È stato definito da Robert Brumbaugh come “il libro più misterioso del mondo”.
Il manoscritto, del quale non esistono copie, è attualmente conservato presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale, negli Stati Uniti, dove reca il numero di catalogo «Ms 408».
Composizione e caratteristiche
Il volume, scritto su pergamena di capretto, è di dimensioni piuttosto ridotte: 16 cm di larghezza, 22 di altezza e 4 di spessore. Consta di 102 fogli, per un totale di 204 pagine. La rilegatura porta tuttavia a ritenere che originariamente comprendesse 116 fogli e che 14 si siano smarriti.
Fa da corredo al testo una notevole quantità di illustrazioni a colori, ritraenti i soggetti più svariati: proprio i disegni lasciano intravedere la natura del manoscritto, venendo di conseguenza scelti come punto di riferimento per la suddivisione dello stesso in diverse sezioni, a seconda del tema delle illustrazioni:
- Sezione I (fogli 1-66): chiamata botanica, contiene 113 disegni di piante sconosciute.
- Sezione II (fogli 67-73): chiamata astronomica o astrologica, presenta 25 diagrammi che sembrano richiamare delle stelle. Vi si riconoscono anche alcuni segni zodiacali. Anche in questo caso risulta alquanto arduo stabilire di cosa effettivamente tratti questa sezione.
- Sezione III (fogli 75-86): chiamata biologica, nomenclatura dovuta esclusivamente alla presenza di numerose figure femminili nude, sovente immerse fino al ginocchio in strane vasche intercomunicanti contenenti un liquido scuro.
Subito dopo questa sezione vi è un foglio ripiegato sei volte, raffigurante nove medaglioni con immagini di stelle o figure vagamente simili a cellule, raggiere di petali e fasci di tubi.
- Sezione IV (fogli 87-102): detta farmacologica, per via delle immagini di ampolle e fiale dalla forma analoga a quella dei contenitori presenti nelle antiche farmacie. In questa sezione vi sono anche disegni di piccole piante e radici, presumibilmente erbe medicinali.
L’ultima sezione del Manoscritto Voynich comincia dal foglio 103 e prosegue sino alla fine. Non vi figura alcuna immagine, fatte salve delle stelline a sinistra delle righe, ragion per cui si è portati a credere che si tratti di una sorta di indice.
Pagina con testo e illustrazione
Il ritrovamento
Il manoscritto Voynich deve il suo nome a Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari di origini polacche, naturalizzato inglese, che lo acquistò dal collegio gesuita di Villa Mondragone, nei pressi di Frascati, nel 1912. Il contatto tra Voynich ed i gesuiti fu padre Giuseppe Strickland (Joseph Strickland 1864-1915), religioso gesuita. I gesuiti avevano bisogno di fondi per restaurare la villa e vendettero a Voynich trenta volumi della biblioteca, che era formata anche da una raccolta di volumi del Collegio Romanotrasportati al collegio di Mondragone insieme alla biblioteca generale dei Gesuiti, per salvarli dagli espropri del nuovo Regno d’Italia Tra questi libri vi era anche quello misterioso.
Voynich rinvenne, all’interno del libro, una lettera di Johannes Marcus Marci (1595–1667), rettore dell’Università di Praga e medico reale di Rodolfo II di Boemia, con la quale egli inviava questo libro a Roma presso l’amicopoligrafo Athanasius Kircher perché lo decifrasse.
Voynich stesso affermò che lo scritto conteneva minuscole annotazioni in greco antico e datò il volume come originario del XIII secolo.
Nella lettera, recante l’intestazione “Praga, 19 agosto 1665” (o 1666), Marci affermava di aver ereditato il manoscritto medievale da un suo amico (che in seguito le ricerche riveleranno essere un non meglio notoalchimista di nome Georg Baresch), e che il suo precedente proprietario, l’imperatore Rodolfo II, lo aveva acquistato per 600 ducati (una cifra molto elevata), credendolo opera di Ruggero Bacone.
Controversie sulla datazione
La datazione del testo è ancora controversa.
Fino agli inizi del 2011 si è ipotizzato che il manoscritto fosse stato creato ad arte come falso nel XVI secolo, per perpetrare una truffa ai danni di Rodolfo II. Secondo tale ipotesi, il truffatore sarebbe stato l’astrologo mago e falsario inglese Edward Kelley aiutato dal brillante filosofo John Dee.
A confutare questa teoria è però sopravvenuta la datazione ottenuta mediante la tecnica del Carbonio-14 nel febbraio 2011. Un gruppo di ricerca presso l’Arizona University è stato autorizzato ad asportare quattro piccoli campioni (1 millimetro per 6) dai margini di differenti pagine. A seguito di una datazione al radiocarbonio le pergamene parrebbero risalire a un periodo compreso fra il 1404 e il 1438. L’impossibilità di analizzare l’inchiostro col quale il manoscritto è stato redatto lascia però ancora spazio a qualche diatriba.[2]
Precedenti ipotesi collocavano la stesura del testo intorno agli inizi del XVII secolo poiché un’analisi all’infrarossoaveva rivelato la presenza di una firma, successivamente cancellata, di Jacobi a Tepenece, al secolo Jacobus Horcicki, morto nel 1622 e principale alchimista al servizio di Rodolfo II.
Inoltre, poiché una delle piante raffigurate nella sezione “botanica” è quasi identica al comune girasole giunto inEuropa all’indomani della scoperta dell’America e quindi successivamente al 1492, si è supposto che l’autore non potesse ancora conoscere tale pianta, ergo il libro sarebbe stato scritto solo successivamente a tale data.
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