Quando tra il 1560 e il 1564 il canonico Donatus Faetius dalla Val di Sole giunse a Bressanone e vi impiantò la prima tipografia del Tirolo a sud delle Alpi, la città dell’Isarco era un importante centro sulla frequentata strada del Brennero, per i traffici tra Italia e Germania. Ricca di alberghi e poste per il cambio del cavalli, a Bressanone facevano tappa tutti gli uomini illustri: principi, cardinali, re e anche un papa. Nel Settecento poi, era solito fermarsi qui Wolfgang Amadeus Mozart nei suoi frequenti viaggi in Italia.
Donato Faetius aveva appreso l’arte della stampa in trentino, a Riva e quasi certamente acquistò il suo torchio in legno da uno di quei tipografi ebrei erranti, se è vero che le iniziali incise GM corrispondono a quel Giacobbe Marcaria tipografo a Riva del Garda, dove Faetius aveva lavorato fino al 1563. L’attività tipografica ed editoriale impiantata con il fratello Daniel proseguì, con lo stesso torchio, anche dopo di loro pur cambiando vari proprietari. Finché, nel 1741 è attestato che lavorò con questo torchio Johann Brandl, tipografo di corte, del principe-vescovo Karpar Ignaz von Künigl, al quale successe nel 1747 Leopold von Spaur, che passò alla storia come uno dei vescovi più importanti e influenti del Tirolo.
La vedova di Brandl sposò un certo Krapf, il quale cedette l’attività al nipote Thomas Weger nel 1772. Da questo momento la tipografia, e la connessa attività editoriale, assume questo nome che resterà fino a oggi. Nel 1880 Alois Weger la cedette al genero Anton von Mörl i cui discendenti ne sono tuttora proprietari.
Il torchio
Come ci racconta Andreas von Mörl, che assieme al fratello conduce l’attuale tipografia – la Weger Druckerei – e che con molta cura si occupa dell’archivio di tutti i documenti dell’intera attività Weger, questo torchio – gelosamente custodito in una struttura di plexiglas nella libreria di via Torre Bianca dove aveva sede la tipografia – risale quasi certamente a Donatus Foetius. Le ragioni a favore di questa ipotesi sono due: le analisi dendrocronologiche hanno confermato che il legno del torchio è stato tagliato a sud delle Alpi intorno al 1550. Inoltre, su uno dei pilastri del torchio compaiono le iniziali M.G. che rimandano allo stampatore Marcaria Giacobbe di Riva del Garda.
Ma c’è un altro elemento, che tuttavia richiederebbe uno studio scientifico approfondito: sulla manovella di ferro compaiono segni che potrebbero essere cifre ebraiche.
Purtroppo l’usura e forse il sudore delle mani che per 500 anni hanno impugnato questa manovella per far scorrere il carrello della platina, non ne permettono una distinta lettura. Incrostrazioni di inchiostro e vernici nere sul legno riportano certamente molto indietro negli anni.
Il torchio ha naturalmente subìto riparazioni nel tempo, e un restauro nel 1993, come si può chiaramente vedere dal legno chiaro delle parte ricostruite. Probabilmente già a metà del ‘700 subì una prima revisione, come è ovvio per uno strumento di lavoro quotidiano che aveva già sopportato due secoli di stampa, e certamente timpano e fraschetta non sono quelli originali.
Questo torchio, che fino a prova contraria può essere ritenuto il più antico del mondo, ha stampato fino al 1829; dopo il restauro e la sua esposizione nel 2000 oggi è usato saltuariamente a scopo dimostrativo.
Il torchio Weger ha stampato il primo libro dell’Alto Adige con caratteri in piombo ed è stato utilizzato per la stampa degli atti del Concilio di Trento (1545-1563).
Un antico torchio da stampa
L’archivio
“Il saluto di Dio” in questo stemma accoglieva i cleinti in tipografia è una fortuna che i Weger, dal momento dell’acquisizione della tipografia, abbiano avuto la costanza di registrare ogni operazione, di conservare una copia di ogni stampato e di costituire così un archivio unico nel suo genere, accuratamente custodito oggi da Andreas von Mörl, all’ultimo piano della attuale Weger Druckerei nella zona industriale di Bressanone. Qui, in attesa di poterne fare un vero e proprio Museo della Stampa, sono conservate tutte le macchine e attrezzature utilizzate almeno dal XVIII secolo a oggi.
Il nonno di Andreas, durante la Grande Guerra, ad esempio, ne nascose la vite senza fine in acciaio per evitare che le truppe austriache la requisissero per costruire cannoni. Poiché il padre di Andreas non aveva la vocazione del tipografo, ma era insegnante, utilizzò per la stampa le vecchie macchine di famiglia senza occuparsi di ammodernare la tipografia. Anche questa è stata una fortuna perché solo nel 1995 i figli passarono alla offset, decidendo di mantenere tutto il patrimonio accumulato nella lunga attività di famiglia, compresi tutti i caratteri di piombo, opportunamente classificati.
Fu costituito così un archivio, tuttora conservato con attenta catalogazione in apposite scaffalature mobili di sicurezza, in cui possiamo trovare lettere e contratti con tanto di sigilli vescovili, libri paga e tutta la contabilità che registrava anche la minima riparazione. Per quanto riguarda l’attività produttiva, basti pensare che oltre a tipografi i Weger sono stati anche editori, per immaginare la ricchezza costituita da una biblioteca che comprende circa cinque secoli di stampa.
Oggi, oltre al torchio e alle macchine, tra cui spiccano un torchio Stanhope Amos Dell’Orto del 1878, un torchio litografico Bollito & Torchio di Torino, una piano-cilindrica MAN Augsburg e una Athena Nebiolo, l’archivio Weger costituisce una inestimabile ricchezza di documenti, di valore non solo per la storia della tipografia, ma anche per la storia culturale e sociale dell’Alto Adige.
È quindi auspicabile che la città di Bressanone, ma anche la provincia di Bolzano e la Regione (e perché no, l’Unione Europea) comprendano l’enorme importanza di tutto questo materiale e mettano a disposizione i locali, che già sono stati individuati in un edificio storico abbandonato nel centro cittadino, nei pressi della Torre Bianca, proprio di fronte all’antica sede della tipografia, per costituire questo Museo Weger.
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