BIBLIOFILIA (dal gr. βιβλίον “libro” e ϕιλία “amore” fr. bibliophilie; sp. bibliofilía; ted. Bibliophilie; ingl. bibliophily). – La bibliofilia, come indica l’etimologia, è l’amore per i libri; questa definizione ha però bisogno di essere completata: nell’uso attuale e in tutte le lingue europee la bibliofilia è l’amore per i libri considerati come oggetti di collezione. Ciò differenzia il bibliofilo propriamente detto dal bibliotecario, che non si occupa principalmente del valore del libro, e dallo studioso, per il quale la sola cosa importante in un libro è il suo contenuto. Ciò che caratterizza il bibliofilo è il fatto ch’egli cerca i libri per il piacere di possederli, assai più che per quello di leggerli o di studiarne il contenuto.
Da quando vi sono libri vi sono bibliofili: l’antichità greca e romana ne ha conosciuti; ed è verosimile che ve ne fossero in Egitto e in Assiria. Il lusso di certi manoscritti dell’alto Medioevo risponde senza dubbio, in generale, a considerazioni pie; ma la loro stessa esistenza tradisce nei loro autori e nei loro possessori preoccupazioni assai vicine alla bibliofilia. Il mondo islamico, dal sec. VIII in poi, ha sviluppato l’amore e la cura del libro a tal segno da dover essere considerato come precursore della bibliofilia europea.
La vera bibliofilia, quale noi oggi la comprendiamo, nasce, a dir vero, nel sec. XIV e nel XV. Alcuni sovrani e grandi signori formarono allora biblioteche costituite esclusivamente di manoscritti preziosi che comperavano a caro prezzo o che facevano trascrivere e miniare a loro spese. Basti citare, in Francia, le biblioteche del re Carlo V, del duca di Berry e dei duchi di Borgogna; in Italia quelle dei Visconti e degli Sforza a Milano e a Pavia, dei Gonzaga a Mantova, degli Estensi a Ferrara, dei Montefeltro a Urbino, dei Medici a Firenze, degli Angioini e degli Aragonesi a Napoli; infine in Ungheria, quella del re Mattia Corvino e in Spagna quella del marchese di Santillana.
Tutte queste biblioteche erano formate di manoscritti. La scoperta della stampa, verso la metà del sec. XV, fece nascere una nuova classe di bibliofili, gli amatori di libri stampati. Gli uni, come Carlo VII di Francia ed Enrico VII d’Inghilterra, manifestarono la loro bibliofilia facendo stampare per loro uso esemplari speciali su pergamena; altri, come Francesco I, Enrico II, Grolier, T. Maioli, dedicarono la loro attenzione alle ricche legature. Alcuni, come Fernando Colombo, non sdegnavano raccogliere i prodotti effimeri della letteratura popolare. Il gusto delle carte speciali appare sin dal sec. XVI: già gli Aldi fecero per i bibliofili tirature in carta azzurra; e si hanno Bibbie inglesi e tedesche su carta gialla. Verso il 1600, in Francia, Jacques-Auguste de Thou ricercava già i volumi in charta magna e faceva tirare a proprie spese esemplari su carta grande.
I torbidi religiosi del Cinquecento, le guerre e i saccheggi avevano disperso molte biblioteche monastiche; quindi da questa epoca ha inizio la maggior parte delle grandi collezioni pubbliche e private di manoscritti; in Italia, quella di Fulvio Orsini e un po’ più tardi quelle dei Barberini e dei Chigi; in Francia quelle di Bongars, di Petau, dei Du Puy, dei Béthune, di Colbert; nei Paesi Bassi quella di Vossio; in Inghilterra, quella di Cotton.
Verso il 1700 i collezionisti cominciano ad interessarsi ai libri antichi in ragione della loro antichità e della loro rarità. È l’epoca di Apostolo Zeno, di Magliabechi e di Trivulzio, in Italia; di Hoheridorf e del principe Eugenio di Savoia in Austria; di Sunderland e di Harley in Inghilterra; di Hoym, di Gaignat e del duca de La Vallière in Francia, per non citare che alcuni nomi particolarmente tipici.
Con la Rivoluzione francese e la soppressione dei conventi, una massa immensa di libri viene sul mercato e in ogni paese sorgono grandi bibliofili: solo a guisa di esempio si possono citare nomi come quelli di Canonici, del marchese Taccone, del duca di Cassano-Serra, di Melzi, di Boutourlin, del conte d’Elci, in Italia; di Renouard, Mac Carthy e La Bédoyère in Francia; di Meermann e Van Hulthem nei Paesi Bassi; di Beckford, Thorold, Roxburghe, Hibbert, Heber e Greenville in Inghilterra.
Per la seconda metà del sec. XIX diventa più difficile ancora fare un’enumerazione che non sia molto incompleta: bisogna tuttavia citare in Italia un Guglielmo Libri, un Girolamo d’Adda un Giacomo Manzoni; in Francia, fra tutta una coorte, il duca d’Aumale, il principe d’Essling, Brunet, Cigongne, Yéméniz, Didot, il barone Pichon, Eugène Dutuit, il conte di Lignerolles, il barone James de Rothschild, il barone di Lacarelle, Montgermont, Guyot de Villeneuve, molti e molti altri; per l’Inghilterra, Huth, Holford, Christie-Miller, Ashburnham, Amherst, Yates-Thompson, Fairfax-Murray non sono che nomi caratteristici presi a caso in una lista interminabile; la Spagna ci dà un Salva e un Heredia; l’America, fra tanti altri, un Lenox, un Carter-Brown, un Robert Hoe, un Huntington e un Pierpont Morgan.
Ma, si badi bene, la bibliofilia non si restringe. soltanto ai graudissimi bibliofili: i collezionisti di libri dei secoli XVIII e XIX si contano a migliaia in Europa, e hanno reso grandi servigi alla scienza, salvando dalla distruzione qualche documento prezioso destinato a sparire tanto per l’ignoranza quanto per la negligenza degli uomini.
Se la maggior parte delle collezioni citate sinora sono state disperse dopo la morte di coloro che le avevano formate, ve ne sono molte che, legate, donate o cedute a istituti pubblici, vi perpetuano il ricordo degli amatori eminenti che le hanno costituite.
Oggetto delle raccolte. – Esaminando metodicamente ciò che è oggetto di raccolta per i bibliofili, potremmo distinguere due categorie principali: la forma e la materia, secondo che l’amatore si occuperà maggiormente dell’aspetto degli oggetti raccolti (calligrafia, stampa, illustrazione, legatura, formato, ecc.) o del loro contenuto (età, autore, lingua, nazionalità, testo, interesse scientifico, storico o letterario, provenienza, ecc.). Nella prima categoria noi potremmo nello stesso modo tracciare subito una separazione tra le collezioni di manoscritti e le collezioni di libri stampati. Ricordiamo nondimeno che tutte queste distinzioni sono soltanto teoriche; ché, di fatto, non c’è bibliofilo che non raccolga senza scrupoli opere di vario genere; e questo tanto piu quanto raccoglierà per suo piacere e non in virtù di un principio prestabilito. Non dimentichiamo così che nove amatori su dieci comperano non già quel che cercano, bensì quel che trovano e che la costituzione delle loro collezioni è dovuta spesso più al caso dei ritrovamenti che alla volonta prestabilita dei collezionisti.
Le collezioni di manoscritti. – Come abbiamo già detto, i collezionisti di manoscritti sono, in ordine di data, i più antichi tra i bibliofili: essi hanno quali precursori i Tolomei di Alessandria, i re e i signori della fine del Medioevo, i più illustri eruditi del Rinascimento; ma ciò che ha reso il loro compito sempre più difficile, e oggi impossibile, è la concorrenza instancabile fatta dalle biblioteche pubbliche. Il secolo XIX ha visto le grandi raccolte Nazionali, quali la Vaticana, il British Museum, la Bibliothèque Nationale di Parigi, incorporare a poco a poco quasi tutta la massa lluttuante dei manoscritti esistenti presso privati. Dal 1824 al 1872 un amatore inglese, Sir Thomas Phillipps, riusciva a raccogliere cinquantamila manoscritti. Nessun amatore oggi, qualunque fosse la sua ricchezza, potrebbe giungere a risultati simili.
Così i pochi collezionisti di manoscritti che nonostante ciò persistono in questa via si sono quasi tutti specializzati. Gli uni in manoscritti miniati (p. es. H. Yates-Thompson, Chester Beatty o il barone Edmond de Rothschild), gli altri in documenti storici su una città o regione, su un’arte (p. es. la musica) o su una scienza; altri ancora in manoscritti letterarî (come, in Inghilterra, T.J. Wise, o, in Francia, Louis Barthou e Jacques Doucet), arrivando sino a concentrare i loro sforzi sopra un solo autore antico o moderno (Dante, Shakespeare, Voltaire, Hugo, Anatole France, Kipling o Gabriele d’Annunzio). E da questo lato i loro sforzi si confondono con quelli dei collezionisti di autografi, che in ultima analisi non sono altro che collezionisti di manoscritti specializzati.
Le collezioni di stampati. – Tra i collezionisti di libri stampati le suddivisioni sono infinite e la lunga enumerazione che si troverà qui appresso non ha la pretesa di esaurire l’argomento. Si può anzi affermare che ogni nuovo collezionista aspira ad aggiungere agli annali della bibliofilia una pagina nuova, inventando un nuovo genere di collezione. Alcuni di questi generi sono cosi eccentrici da appartenere piuttosto alla bibliomania (v.) che alla bibliofilia; nessuno di essi però deve essere del tutto disdegnato, se può rivelarci un nuovo aspetto del libro.
Cominciando dalla materia su cui il libro è stampato, può notarsi che alcuni amatori, come già Mac Carthy e ai nostri giorni il barone Hierta, si sono specializzati nei libri stampati su pergamena, che sono tra i monumenti tipografici più celebri e più preziosi, e che fornirono a Van Praet, un secolo fa, la materia di un mirabile repertorio. Altri cercano lo carte di Cina (le quali dánno le più belle tirature di vignette romantiche incise su legno), le carte d’Olanda, le carte del Giappone, che hanno servito alle tirature di lusso delle edizioni originali di autori del sec. XIX, e ai bei libri illustrati contemporanei. Altri infine si specializzano nei libri impressi su materie prime eccezionali, carte colorate, legno, sughero, seta o metallo. Certuni non vogliono che libri stampati in inchiostro di colore, blu, rosso, oro: tanto è ingegnosa la fantasia di un collezionista che cerca di distinguersi dai suoi rivali.
Un grandissimo numero di bibliofili considera il libro come un monumento tipografico. Dalla fine del sec. XVII si raccolgono gli incunaboli (v.), cioè i libri stampati tra il 1450 circa, presunta data della scoperta della stampa, e il 1500. Alcuni collezionisti hanno classificato gl’incunaboli per autore, altri per luogo di stampa e per stampatore. Lo studio dei caratteri tipografici (iniziato dall’inglese Roberto Proctor) permette di assegnare all’una o all’altra tipografia gli stampati anonimi. Numerosi album di fac-simili, tutta una biblioteca di cataloghi speciali e di monografie sulle diverse stamperie sono testimonianze, per ciò che riguarda gl’incunaboli, della prodigiosa attività di due secoli di pazienti ricerche. Oggi, per molti incunaboli, si conosce esattamente il numero e la storia degli esemplari, che vengono seguiti nel loro passaggio di biblioteca in biblioteca, di collezione in collezione. Gl’incunaboli noti ai collezionisti sono circa trentamila.
Da cinquant’anni in qua gl’incunaboli sono divenuti talmente rari che l’amatore cerca sempre meno di costituirsene una collezione generale e cerca invece di specializzarsi nell’ambito stesso di quella specialità: gli uni non vorrebbero che incunaboli in questa o quella lingua, il greco, l’ebraico, l’italiano, il tedesco, l’inglese, il francese; gli altri, per amor proprio nazionale o locale, si dedicano alle stampe di questo o quel paese, di tale o talaltra città, persino di tale o talaltra stamperia, quella ad esempio degli Aldi o quella dell’inglese Caxton. Per altri, infine, la scelta è guidata dalla presenza di illustrazioni incise su legno o su metallo; o dal contenuto dei volumi, che trattino p. es. argomenti speciali come l’astronomia o la medicina; oppure dalla ricerca delle edizioni principi degli autori greci o latini, o delle opere dell’uno o dell’altro autore, Dante, Petrarca, Virgilio, o anche delle edizioni successive di questo o di quel libro, come la Bibbia o l’Imitazione di Cristo. Ad ogni tendenza del bibliofilo corrispondono bibliografie speciali, spesso sotto la forma di catalogo di un’importante collezione privata.
Anche per i libri dei secoli seguenti, dal XVI al XX, le stesse tendenze han dato origine alle medesime specializzazioni. Le biblioteche ispirate dal patriottismo nazionale o locale si dedicano anch’esse alla raccolta delle stampe di una regione, di una città, di una stamperia. Nel sec. XVIII si ricercavano i libri stampati dagli Estienne, nel XIX gli Aldi, i Bodoni, gli Elzeviri; nel XX le produzioni di certe stamperie moderne, specie nei paesi di lingua inglese, ove i nomi di Kelmscott Press o di Doves Presssembrano esercitare sugli amatori una magica influenza. Vi sono anche amatori di tale o tal altra specialità tipografica, libri in caratteri calligrafici o nel cosiddetto carattere di civiltà, senza parlare delle grandi suddivisioni, come i caratteri gotici o corsivi. Altri ancora s’interesseranno ai libri tirati in piccolo numero di esemplari o fuori commercio, a pubblicazioni per nozze, a libri di società di bibliofili, volumi che il caso l’intenzione dell’editore avrà resi unici o quasi.
Numerosissimi sono gli amatori di libri illustrati di ogni epoca: alcuni si specializzano in un secolo o in un paese, raccogliendo i legni di questa o di quella officina tedesca; i legni italiani, specialmente quelli di Firenze, di Milano o di Venezia; i piccoli legni dei laboratorî lionesi; i mirabili libri illustrati francesi del sec. XVIII che sono da cent’anni in qua i libri a figure più universalmente agognati; i libri romantici a vignette; i libri di lusso contemporanei. Anche qui la specializzazione ad oltranza ha la sua parte: un Henri Beraldi si appassiona per i libri contenenti le tirature di saggio delle incisioni, avanti-lettera, o delle acqueforti; altri si dedicano alle illustrazioni del tale o del tal altro artista, Blake, Gustave Doré o Kate Greenaway, o alle illustrazioni ottenute per mezzo di un determinato processo chimico, o ai libri con tavole incise a colori.
Qui anche trovano posto gli amatori di rilegature, che possono dividersi in due classi: quelli che fanno rilegare essi stessi i loro libri, da artisti del loro tempo, e quelli che riuniscono volumi rilegati da artisti antichi o contemporanei. Questi ultimi esaminano la rilegatura da diversi punti di vista: gli uni ricercano le rilegature storiche eseguite per sovrani o gran signori, per amatori celebri o donne bibliofile; si dedicano particolarissimamente alle rilegature con stemmi, il cui esame è uno dei rami più studiati dell’araldica. Altri, mettendosi dal punto di vista della storia dell’arte, raccolgono le rilegature per il loro merito decorativo, ricercano quelle firmate, si sforzano di attribuire al tale o al tal altro laboratorio le rilegature anonime o, spingendo le loro ricerche nel campo della tecnica, si specializzano nelle rilegature di determinata natura, di marocchino o di pergamena, di legno o di cuoio stampato, o nelle rilegature a mosaico, oppure in quelle di forma eccezionale: rilegature abbinate, a scatola, ad astuccio, a bottiglia, a cuore, a giglio, e simili.
Altri bibliofili si preoccupano soprattutto del formato dei loro libri. Se ve ne son pochi che si limitano agli in–folio, molti invece si sono specializzati nei libri minuscoli: la micro-bibliografia è una scienza a parte, coi suoi manuali e la sua letteratura.
Ancor più numerosi sono i bibliofili dai quali il contenuto dei libri è tenuto principalmente in considerazione; le varietà sono infinite e qui vi accenneremo sommariamente, seguendo l’ordine metodico adoperato da due secoli in qua dai bibliografi francesi (Gabriel Martin, i De Bure, Brunet), incominciando cioè dalle Bibbie e dai libri di religione. Vi sono stati in ogni epoca amatori che hanno raccolto le Bibbie in tutte le lingue, incominciando da quella di Gutenberg, la prima opera stampata, di cui un esemplare è stato pagato nel 1926 a New York 106.000 dollari, il più alto prezzo raggiunto da un libro in vendita pubblica. I bibliofili inglesi e americani han sempre ricercato con ardore le Bibbie in lingua inglese, di cui hanno studiato minuziosamente le diverse edizioni e le successive variazioni. Lo stesso ardore si nota nella collezione di libri liturgici antichi, specie per le liturgie inglesi e per i “libri d’ore” francesi del sec. XV e del XVI, che hanno un così notevole carattere artistico. In tempi in cui le autorità religiose controllavano con gran cura le letture dei fedeli, lo spirito di fronda dei bibliofili li spingeva a pagare assai caro le opere eterodosse ed i libri condannati. Nel sec. XVIII i libri di Ochino, di Giordano Bruno, di Postel erano tra i più grandi tesori della bibliofilia. Ai nogtri giorni, i libretti di Savonarola conoscono la medesima voga, accresciuta ancor più, senza dubbio, dalla presenza di preziose incisioni in legno. Gli amatori inglesi, tedeschi e francesi han sempre ricercato con passione gl’innumerevoli opuscoli che dopo la Riforma pullularono nel sec. XVI.
La giurisprudenza, e particolarmente la giurisprudenza inglese antica con la ricca serie dei Year–books, o le legislazioni locali italiane con i numerosi statuti, hanno pure i loro fedeli. Le scienze, e soprattutto le scienze esatte, attirano da qualche tempo l’attenzione di parecchi bibliofili. Si sono dunque costituite collezioni speciali sulle matematiche, sull’astronomia, sulle scienze occulte. Un secolo fa i bibliofili apprezzavano molto le opere con tavole rappresentanti animali, uccelli, conchiglie, vegetali e minerali.
I medici hanno sempre ricercato le opere relative alla loro professione; gli artisti, e soprattutto gli architetti e i decoratori, hanno similmente apprezzato i bei libri riguardanti la loro specialità, “gallerie”, raccolte di tavole, di ornamenti, libri di calligrafia, album di merletti, tutto ciò che da vicino o da lontano si ricollega alle arti del disegno. Per questo rispetto, il bibliofilo si riavvicina singolarmente all’amatore di stampe, col quale spesso si confonde.
Alle arti fan capo gli esercìzî fisici come la caccia, la danza, la scherma, l’equitazione, che han fornito tutti a grandi amatori l’occasione di costituirsi preziose collezioni speciali.
Le lettere hanno sempre offerto ai bibliofili un campo illimitato di ricerche e di scoperte. Linguistica, poesia, romanzo, teatro, facezie, ecc. sono campi della loro attività. Essi hanno messo così in luce l’importanza delle edizioni originali e l’interesse delle successive ristampe, soprattutto quando queste ultime sono state modificate dai loro autori. Quando un’opera, prima di essere pubblicata in volume, è comparsa su qualche raccolta periodica, quella edizione pre-originale suscita ugualmente il desiderio degli amatori. Dividendo i quaderni dei volumi, confrontando ad uno ad uno gli esemplari di una stessa edizione, vi scoprono delle differenze che attestano l’esistenza di diverse tirature e di modificazioni sopraggiunte durante il corso della stampa. Ogni volta che non saranno distrutte, si vorranno raccogliere le bozze dell’autore e, ben inteso, il suo manoscritto originale. Per certi autori moderni saranno aggiunte al manoscritto le copie dattilografate che possono aver servito all’edizione. Così i bibliofili di ogni paese costituiscono degli archivî letterarî nazionali di grandissimo interesse, fornendo agli storici delle letterature una solida base per i loro lavori.
Se passiamo in rivista i principali paesi, troveremo che in Italia l’ardore dei bibliofili s’è rivolto specialmente agli autori antichi: le biblioteche dantesche, come quelle di Evan Mackenzie a Genova, o quella della Casa di Dante a Roma, fondata dal barone Sonnino, sono numerosissime; altre collezioni speciali sono dedicate al Petrarca, al Boccaccio, all’Ariosto, al Tasso, ai testi di lingua, ai novellieri, alle sacre rappresentazioni, ai romanzi di cavalleria. Gli amatori di edizioni del sec. XIX cominciarono tardi; ma non crediamo di sbagliare predicendo un grande avvenire a questo nuovo ramo della bibliofilia italiana.
In Germania vi son sempre stati molti collezionisti delle prime edizioni di Goethe e di Schiller; ve ne sarebbero ancora di più, se l’aspetto di quei volumi e il merito artistico della loro tipografia e della loro rilegatura non fossero mediocri.
In Francia, dal sec. XVIII, il numero delle biblioteche consacrate alla letteratura nazionale è sempre stato considerevole, sia per quel che riguarda le collezioni generali sia per le speciali. L’arte dei rilegatori francesi ha saputo rendere gradevoli agli occhi gli opuscoli peggio stampati. Non vi è alcun periodo, alcun aspetto della letteratura francese che non abbia stimolato l’ardore di molti bibliofili, incominciando dalle stampe gotiche come quelle conservate a Chantilly o nella biblioteca Rothschild, sino a quelle romantiche delle collezioni Lovenjoul o Barthou e ai testi contemporanei raccolti da Jacques Doucet e dai suoi numerosi emuli. Manuali speciali come quelli di Le Petit, di Vicaire, di Carteret informano perfettamente i collezionisti, dei quali alcuni si restringono a un’epoca, a una provincia, a un genere letterario, mentre altri si specializzano nelle opere di singoli autori. Tra questi specialisti, un posto d’onore deve essere riservato agli amatori delle opere teatrali, da Soleinne, il cui catalogo (1844) è un vasto repertorio dell’arte drammatica, sino a Perrin e a Rondel.
In Spagna, le collezioni su Cervantes (di fama mondiale quella di Isidro Bonsoms y Sicart, ora nella Biblioteca catalana di Barcellona); in Portogallo, quelle su Camões, testimoniano l’illuminato patriottismo di coloro che le hanno riunite; ma per vedere fino a qual segno può essere spinto il fanatismo letterario bisogna volgersi ai paesi di lingua inglese. Da quasi due secoli, il culto di Shakespeare ha fatto nascere innumerevoli raccolte. I nomi di Cappell, di Stevens, di Malone, di Halliwell in Inghilterra, di Perry Folger, White e Huntington negli Stati Uniti testimoniano questo entusiasmo, il cui apogeo è segnato dal prezzo di 15.000 sterline pagate da H. Huntington per un libretto di Venus and Adonis (4ª ed.!) alla vendita Christie-Miller, nel 1919. Se infatti in Francia la seconda edizione di un grande classico vale per solito dieci volte meno della prima, gli amatori inglesi ed americani copriranno d’oro sino alla quinta o sesta tiratura di un’opera di Shakespeare. La prima edizione delle sue opere complete, il celebre First Foliodel 1623, non è un libro raro perché se ne conoscono nel mondo intero quasi duecento esemplari, la maggior parte incompleti; ciò nonostante un bell’esemplare vale oggi da dieci a dodici mila sterline. Un solo collezionista americano è riuscito a comperare circa ottanta First Folios per poter studiare le varianti che essi possano presentare. E gli amatori di cose shakespeariane pagano somme non meno considerevoli per tutti i libri antichi in cui Shakespeare è citato, per tutti quelli che egli stesso ha utilizzati, per tutti quelli, addirittura, che avrebbe potuto utilizzare: è il trionfo della bibliofilia specializzata.
L’entusiasmo degli amatori inglesi e americani non si limita a Shakespeare, ma si estende a tutti gli autori inglesi di qualche fama, dal sec. XVI ai nostri giorni: la vendita di una sola biblioteca inglese, quella del Christie-Miller (1917-1927), ha prodotto all’asta un totale di mezzo milione di sterline. Un esemplare perfetto di Pickwick o di alcuni opuscoli introvabili di Shelley è valutato mille sterline e più, e si paga il doppio per Tamerlane (1827), la prima opera di Edgar Poe, quando uno dei cinque esemplari conosciuti giunge sul mercato. Fra gli autori moderni, il record delle maggiori offerte sembra essere raggiunto di alcune delle opere di Robert L. Stevenson e di Rudyard Kipling.
Mentre i bibliofili francesi si appassionano alle tirature su carta di lusso delle edizioni originali del sec. XIX, gl’Inglesi e gli Americani pagano somme altissime per gli esemplari con dediche autografe, gli Association–Books, anche se il loro stato lascia a desiderare. La firma di Dickens, p. es., può centuplicare il prezzo di un volume.
La geografia ha sempre attirato i bibliofili. Anche qui l’ardore degli Americani non ha uguale. Dalla metà del sec. XIX essi hanno ricercato con vera passione i volumi antichi relativi alla scoperta ed all’esplorazione dell’America, le edizioni delle lettere di Colombo e di Vespucci, le edizioni di Tolomeo, le relazioni dei gesuiti sulle loro missioni in America.
Ma soprattutto la storia ha fatto nascere le collezioni: storia di un paese, d’un’epoca, d’un regno, di un uomo. Si sono così formate in tutto il mondo biblioteche speciali aventi per centro una pagina preferita della storia universale. Queste biblioteche fortemente specializzate presentano un interesse così capitale per gli studî che ci si può domandare se esse appartengano piuttosto alla bibliofilia o alla bibliografia. Ancora una volta, costituendo queste collezioni, i bibliofili avranno ben meritato dalla scienza ed avranno dato prova del più illuminato patriottismo.
Condizioni dei libri. – L’amore per i libri è quasi sempre accompagnato da un certo interesse per la loro condizione materiale. Nessun bibliofilo, degno di questo nome, sopporterebbe che un volume da lui raccolto potesse nuovamente rischiare di sparire. Penserà dunque a farlo rilegare, penserà a destinarlo a una pubblica biblioteca in modo da assicurarne per l’avvenire la conservazione. Dalle stesse preoccupazioni dipende, nel vero bibliofilo, la grande cura per la bellezza degli esemplari. Salvo che per certi volumi tanto rari che bisogna acquistarli in qualunque stato, l’amatore delicato si mostrerà senza pietà verso il libro che presenti qualche difetto: l’assenza di un foglio o di una tavola, quella di una copertina stampata, diminuirà dell’ottanta per cento il prezzo di un esemplare; macchie, strappi, tarli, sono difetti imperdonabili. Un esemplare intonso avrà un prezzo assai più considerevole di uno i cui margini siano stati tagliati. Quando si tratta di libri divenuti celebri al primo apparire è facile capire come pochi esemplari possano essere sopravvissuti in condizione perfetta. Interviene a questo punto la mano abile del restauratore il quale, salvando dalla distruzione un libro guasto, farà sparire od attenuerà di molto la traccia delle sue ferite e lo renderà degno di essere ammesso nella biblioteca di un amatore. I riparatori di rilegature fermeranno ugualmente, con la loro abilità, l’azione distruttiva degli uomini e del tempo e, rendendo gradevoli all’occhio i volumi peggio ridotti, impediranno che gli ignoranti li lascino perire per negligenza.
Sempre alla preoccupazione di abbellire i libri è dovuta la pratica dei libri “extra-illustrati” o “infarciti”. Al fine di costituirsi degli esemplari unici, molti amatori hanno aggiunto ai loro volumi documenti complementari, fogli con varianti, prospetti, lettere autografe o frammenti del manoscritto, ritratti, tirature di saggio delle incisioni, disegni originali. Alcuni teorici della bibliofilia hanno biasimato questi metodi, la cui esagerazione infatti si presta facilmente alla critica. È da ritenere che quei rimproveri cesserebbero se il buon gusto degli amatori facesse loro conservare anche in ciò, come in ogni cosa, una giusta misura.
La provenienza illustre di un libro ne raddoppia il valore: gli ex–libris che i successivi possessori abbiano avuto cura di apporvi, costituiscono, per così dire, i titoli di nobiltà di un volume. Questi ex–libris presentano sovente un carattere artistico che ha spinto numerosi amatori a raccoglierli, formando così collezioni anche assai cospicue (v. ex-libris).
Commercio dei libri. – Il bisogno ha sempre creato l’organo; il desiderio provato da tutti i bibliofili di aumentare e di perfezionare le loro collezioni, ha fatto nascere due istituzioni, antiche di oltre due secoli; le vendite di libri e la libreria che si suol chiamare d’occasione o antiquaria.
Almeno trentamila biblioteche sono state disperse, a mezzo di vendite all’asta, dalla metà del sec. XVII in poi; la raccolta di questi cataloghi di vendita è un ramo seducente della bibliofilia. Troppo pochi bibliofili, infatti, hanno catalogato le loro collezioni durante la loro vita: il pubblico, in molti casi, ha conosciuto l’esistenza della loro biblioteca dopo la loro morte: la maggior parte dei bibliofili sono al tempo stesso vanitosi e dissimulatori, estremamente fieri dei loro acquisti e piuttosto pigri nell’annunziarli al pubblico.
Quanto ai librai d’occasione, ai negozianti di libri antichi, troppo spesso i bibliofili non rendon loro sufficientemente giustizia. Eppure ha più merito un libraio nello scoprire e mettere in valore un libro di quanto non ne abbia un amatore a comperarlo ed a pagarlo. Quindi i nomi dei grandi librai, come De Bure, Payne, Quaritch, Potier, Claudin, Rahir, possono essere registrati a lettere d’oro negli annali della bibliofilia; i cataloghi redatti da essi sono documenti preziosi della loro scienza.
Come tutti i collezionisti, i bibliofili hanno le loro debolezze, le loro manie, i loro lati ridicoli. Anche i più accorti tendono ad ingrandire la portata delle loro ricerche e ad attribuire un’importanza mondiale a scoperte le cui conseguenze umane sono infinitamente piccole. Tuttavia questi piccoli difetti hanno scarso peso rispetto ai servigi che i bibliofili han recato agli studî, rendendosi con una pazienza e un disinteresse ammirevoli, gli archivisti dei loro concittadini.
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Seymour De Ricci
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