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Le celebri Cancellature di Emilio Isgrò (tra cui una delle prime, un volume cancellato nel 1969 del Dizionario Enciclopedico Utet, oltre ad alcuni volumi cancellati dell’Enciclopedia Treccani, a due mappe geografiche, ad alcuni Telex e ad altri libri) sono testi in cui l’artista ha coperto le righe scritte con i tipici segni neri della censura, lasciando solo alcune parole. Nelle lettere estratte dal contesto compare, solitaria, all’interno di grandi campiture bianche, una lettera (o una nota musicale), che l’artista dichiara di aver estratto da una parola (o da uno spartito). I particolari sono grandi macchie grigie (apparentemente forme astratte), che in realtà, come veniamo a sapere da una frase in italiano e in inglese, sono una parte piccolissima dell’immagine in bianco e nero di un personaggio famoso, tratta probabilmente da un giornale, ingrandita un numero di volte dichiarato con precisione matematica. Di quale parte del corpo non è dato sapere: l’ingrandimento in realtà “cancella” la visione complessiva. I “Kissinger” sono grandi campiture grigie in cui l’artista invita a vedere, attraverso sottostanti frasi in latino, il celebre statista americano – ovviamente invisibile – mentre scende dall’aereo o compie altre azioni. Le Storie rosse alludono all’epopea delle rivoluzioni novecentesche attraverso grandi campiture rosse (il colore mitografico del proletariato in lotta), che “cancellano” la figura eroica (Trotskij nel caso dell’opera esposta in questa mostra) di cui una didascalia racconta le gesta. Gesta che però non sono eroiche, ma banalmente quotidiane: Trotskij cade, Fidel Castro sale, Mao Tsetung dorme, Rosa Luxemburg passeggia…

Emilio Isgrò

Emilio Isgrò

Cancellare, correggere, ingrandire, nascondere, ingigantire, coprire con il colore: si tratta, come suggerisce il titolo della mostra, di varie e multiformi versioni della cancellatura, di quella operazione di “igiene mentale del linguaggio” che, nata in un clima di avanguardia, quasi mezzo secolo fa, rivela ancora una grande vitalità e capacità di indurre alla riflessione.

Isgrò non cancella per censurare, il suo non è un gesto distruttivo, bensì creativo. La cancellatura serve a rivelare la parola non cancellata, a farla germogliare, a farla entrare in contatto con altre parole lontane nel testo, sprigionando così nuovi significati. La cancellatura, come tutte le altre operazioni sulla lingua e sull’immagine che Isgrò realizza negli anni ’60 e ’70 (le frasi tradotte in varie lingue, l’uso del latino per descrivere situazioni contemporanee, le forme dilatate fino a risultare irriconoscibili) è un processo rigenerativo della parola e della comunicazione, è un tentativo, riuscito, di attaccare e decostruire la pretesa di univocità e di veridicità dei messaggi, di svelarne i limiti, di denunciarne l’illusione di inconfutabilità, di liberare il segno da una relazione “automatica” con il significato. Isgrò dilata attraverso la cancellatura il potere evocativo della parola e dell’immagine, creando legami imprevisti e spiazzanti che a distanza di decenni, in un mondo ormai completamente saturo di informazioni, ci chiedono di soffermarci a cercare il senso meno ovvio delle parole.

Ironia, straniamento, echi della sofistica greca creano in queste opere un corto circuito fecondo, che a distanza di anni dalla loro creazione risulta potenziato nella sua capacità di stravolgere il senso comune della comunicazione dal fatto che personaggi come Craxi, Giscard d’Estaing, Kissinger o Mao sono ormai sottratti all’attualità.

“Io non lavoro sulla clonazione planetaria” scrive Isgrò. “Non ingrandisco ciò che di per sé è fin troppo vistoso, e dunque non ha bisogno di ingrandimenti ulteriori. Io, più modestamente, ingrandisco l’invisibile. Il seme che non si vede. Ma c’è.”

Sottoposti quotidianamente alla tortura di troppe immagini e di troppi messaggi – tanto che da più parti viene ormai invocata la necessità di una periodica “cancellatura” della comunicazione, sotto forma di spegnimento della connessione a internet e ai social network – le opere di Isgrò hanno la capacità di accompagnarci, con la leggerezza dell’ironia, “oltre lo specchio” dei significati scontati, ingrandendo per noi ciò che merita di essere visto ma non è sotto gli occhi di tutti.

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Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) assieme a Lucio Fontana e a Piero Manzoni è considerato uno dei grandi innovatori del linguaggio artistico italiano del secondo dopoguerra. 1956 Si trasferisce a Milano, dove tuttora vive e lavora. Fin dagli esordi accompagna la produzione artistica con l’attività di scrittore, poeta, drammaturgo, regista, performer, giornalista.Esordisce con la raccolta di poesie Fiere del Sud (Arturo Schwarz).

1964 Realizza le prime cancellature su enciclopedie e libri contribuendo in misura decisiva alla nascita e agli sviluppi della poesia visiva e dell’arte concettuale. 1965 Nell’ambito del Festival del Gruppo 70 partecipa alla mostra Poesie e no. 1966 In occasione della personale alla Galleria Il Traghetto di Venezia pubblica Dichiarazione 1, nella quale precisa la sua concezione di poesia come “arte generale del segno”. Vede la luce il libro di poesie L’età della ginnastica (Mondadori). 1969 Decide di applicare le cancellature anche al cinema: progetta La jena più ne ha e più ne vuole, una pellicola quasi completamente nera tranne qualche secondo di immagini, ma il progetto non andrà mai in porto, “cancellato dai produttori spaventati” dice sorridendo l’artista. In compenso, il londinese Daily Mirror gli dedica un servizio con foto in prima pagina. 1972 È invitato alla Biennale d’Arte di Venezia, dove sarà ancora nel 1978, 1986 e 1993.1973 Viene prescelto da Achille Bonito Oliva a esporre con altri artisti di fama internazionale nella mostra Contemporanea, realizzata nel parcheggio sotterraneo di Villa Borghese a Roma. 1974 Esce L’avventurosa vita di Emilio Isgrò nelle testimonianze di uomini di stato, scrittori, artisti, parlamentari, attori, parenti, familiari, amici, anonimi cittadini (Il Formichiere) che entra nella rosa dei candidati al Premio Strega. 1976 Tiene la prima grande antologica al Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma. 1977 Pubblica da Feltrinelli il romanzo Marta de Rogatiis Johnson. Riceve il primo premio alla XIV Biennale d’Arte di San Paolo del Brasile. 1979 Contaminando la propria arte con il linguaggio musicale, presenta alla Rotonda Besana di Milano Chopin, installazione-partitura per 15 pianoforti. 1983 Dà l’avvio ai grandi spettacoli della Valle del Bèlice con Gibella del Martirio. Seguiranno San Rocco legge la lista dei miracoli e degli orrori e L’Orestea di Gibellina. 1985 Anno Europeo della Musica: dal Teatro alla Scala riceve la commissione dell’installazione multimediale La veglia di Bach, allestita nella chiesa milanese di San Carpoforo.1986 Al Museo Civico Archeologico di Bologna presenta l’installazione L’ora italiana, in memoria delle vittime della strage alla stazione ferroviaria. 1989 Pubblica il romanzo Polifemo (Mondadori), accolto dal pubblico e dalla critica come un avvenimento letterario. 1990 Elabora una nuova Teoria della cancellatura (Fonte d’Abisso). 1992 Partecipa alla mostra The Artist and the Book in XX Century Italy, organizzata dal Museum of Modern Art (MoMA) di New York. 1994 La Peggy Guggenheim Collection di Venezia lo include nell’esposizione I libri d’artista italiani del Novecento. Pubblica il romanzo L’asta delle ceneri (Camunia). 1996 Dopo trent’anni torna alla poesia lineare con la raccolta Oratorio dei ladri (Mondadori). 1998 Dona al paese natale il gigantesco Seme d’arancia, simbolo di rinascita sociale ed economica dei popoli del Mediterraneo. 2001 Nel complesso di Santa Maria dello Spasimo a Palermo tiene l’antologica Emilio Isgrò 1964-2000. Con Le api della Torah, prodotta dallo Studio Guastalla per la riapertura della casa editrice Salomone Belforte, Isgrò inizia il ciclo degli insetti – formiche, api, farfalle – che come i filosofi trasportano e intrecciano i semi della conoscenza. 2002 Pubblica il libro di poesie Brindisi all’amico infame (Aragno), finalista al Premio Strega e vincitore del Premio San Pellegrino. 2003 Espone presso Studio Guastalla con la mostra “Insetti e filosofi”. 2007 Con il titolo La cancellatura e altre soluzioni raccoglie in volume gli scritti pubblicati su quotidiani e riviste come corredo critico-teorico dell’attività creativa (Skira). 2008 Il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato gli rende omaggio con l’antologica Dichiaro di essere Emilio Isgrò. 2009 A Palazzo delle Stelline di Milano espone nell’ampia personale Fratelli d’Italia. 2010 Alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, inaugura a Marsala la mostra Disobbedisco. Sbarco a Marsala e altre Sicilie. Quasi in contemporanea si apre Var Ve Yok presso la Sanat Galerisi di Istanbul (capitale europea della cultura di quell’anno) mentre i quattordici Codici Ottomani vengono esposti alla Boghossian Foundation di Bruxelles. Presenta La Costituzione Cancellata alla Galleria Boxart di Verona. La mostra ha un sottotitolo – Rappresentazione di un crimine – scelto dall’artista per sottolineare come il suo operato voglia rappresentare l’eventuale crimine della cancellazione della Carta costituzionale. 2011 In maggio è chiamato a esporre i volumi della Costituzione e la grande installazione L’Italia che dorme (scultura in alluminio che rappresenta l’Italia dormiente ricoperta di scarafaggi) alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, per le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia. All’Università Bocconi di Milano inaugura l’“opera pedagogica” Cancellazione del debito pubblico, creata appositamente per gli studenti dell’ateneo milanese. In ottobre riceve il Premio Teocle per il teatro.

Studio Guastalla Arte

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Da “Wall street magazine Italia”.