Nel XV secolo, Aldo Manuzio veniva considerato come il maggior tipografo del suo tempo: a distanza di oltre cinquecento anni, possiamo riconoscere in Aldo Manuzio il primo precursore degli editori moderni.
Nato nei pressi di Velletri, nell’anno 1449, Aldo Manuzio non ci ha tramandato nessun’altra informazione relativa alle sue origini ed alla sua famiglia. Sappiamo che Manuzio fu un uomo di grande cultura e si impegnò per imparare il greco ed il latino e, dal 1482 ebbe come compagno di studi Giovanni Pico, oggi conosciuto semplicemente come Pico della Mirandola. Quest’ultimo fece in modo che Aldo divenisse il tutore di Alberto III Pio e Lionello Pio, principi di Carpi, nonché nipoti dello stesso Pico della Mirandola. In Alberto Pio possiamo, molto probabilmente, riconoscere il finanziatore delle prime stampe di Aldo.
È proprio verso gli anni ottanta del XV secolo, che Manuzio maturò quello che sarebbe poi divenuto il suo progetto editoriale, per mezzo del quale egli voleva diffondere, e soprattutto preservare la filosofia greca e la letteratura greca e latina da un continuo oblio, recuperando e riproponendo i grandi capolavori classici, tramite edizioni stampate.
Ma in che modo Manuzio si trasformò da umanista a stampatore? È probabile che egli si avvicinò all’arte della stampa nel momento in cui la tecnica venne introdotta in Italia, inizialmente a Subiaco (1465) e poi a Roma (1467). In queste due città Manuzio apprese forse i primi rudimenti dell’attività tipografica, che per lui divenne il completamento naturale degli studi umanistici, inserendosi appieno nel suo contesto sociale e culturale proprio del Rinascimento.
Manuzio scelse Venezia come sede per la sua tipografia, trasferendosi attorno al 1490 nella Repubblica veneta, dove strinse fin da subito rapporti e legami amichevoli con letterati ed artisti fuggiti da Bisanzio in seguito alla caduta dell’Impero Romano d’Oriente. Nel 1502, proprio grazie agli intensi e numerosi rapporti con intellettuali e studiosi, Manuzio riuscì a fondare l’Accademia Aldina, dedicata allo studio dei classici greci, che annoverava tra le sue fila membri come Erasmo da Rotterdam e Pietro Bembo. L’Accademia, che prendeva il nome dal classico carattere corsivo che Manuzio per primo utilizzò nelle sue edizioni a stampa, aveva anche lo scopo di accogliere gli stessi letterati scappati da Bisanzio e rifugiatisi a Venezia.
Manuzio, dopo un apprendistato nella tipografia di Andrea Torresani (del quale sposò la figlia Maria ed al quale si associò nel 1508), cominciò la sua attività di tipografo nel 1494, ed in circa tre anni pubblicò l’opera completa di Aristotele, raccolta in cinque volumi. All’opera di Aristotele seguirono quelle di Tucidide, Aristofane, Erodoto, Sofocle, Euripide, Senofonte, Demostene e Platone. Solo con l’avvento del XVI secolo, Manuzio iniziò a dare alle stampe anche testi classici latini ed italiani.
Come è stato gia evidenziato, lo scopo principale del progetto di Aldo Manuzio era quello di diffondere la lingua e la filosofia greca. Il greco era la lingua usata in casa di Manuzio, il quale parlava in greco pure nel dare le istruzioni a legatori ed apprendisti. Per raggiungere il suo scopo, egli metteva in secondo piano anche l’aspetto economico del proprio operato, facendo invece attenzione a mantenere l’altissima qualità delle sue edizioni, che per questo erano accessibili ad un ristretto pubblico di lettori.
Solamente in un secondo momento, a partire dal 1500, la tipografia di Manuzio inaugurò una collana di libri, di prezzo e dimensioni ridotte, in cui per la prima volta era utilizzato il carattere corsivo, simile alle lettere dei manoscritti greci dai quali erano copiati i libri a stampa.
Una delle pubblicazioni con le quali Manuzio riscosse maggior successo, fu senza dubbio la Hypnerotomachia Poliphili, titolo che letteralmente può essere tradotto come “La battaglia amorosa di Polifilo in sogno”. Si tratta di un romanzo allegorico, probabilmente scritto dal frate domenicano Francesco Colonna, che narra le avventure amorose del giovane Polifilo che va alla ricerca dell’amata Polia. L’opera venne stampata dalla tipografia di Manuzio nel 1499: pubblicata in volgare, si discosta da quelle che erano le opere generalmente stampate da Manuzio, ma allo stesso tempo, il romanzo di Francesco Colonna fu corredato da un formidabile apparato di splendide xilografie, che lo resero un vero capolavoro dell’arte tipografica.
Nel 1501 Manuzio pubblicò l’opera di Virgilio, usando sempre il carattere corsivo, ma soprattutto introducendo un nuovo formato di stampa: il volume fu infatti stampato “in ottavo”, ovvero in un formato molto più ridotto in confronto ai grandi volumi stampati “in folio”, che risultavano ingombranti e poco pratici da sfogliare.
In questa maniera, per la prima volta il libro divenne leggero, maneggevole e facilmente trasportabile: Manuzio fu, in sostanza, l’inventore delle edizioni tascabili. I testi da lui stampati ancora oggi suscitano meraviglia ed interesse. Le opere pubblicate da Manuzio costituirono per molti anni, una sorta di summa enciclopedica del sapere umanistico.
Ben presto, i volumi ed i testi stampati da Aldo Manuzio iniziarono ad essere chiamatiAldine, il cui nome era sinonimo di una serie di particolari caratteristiche, che, per il tempo rappresentavano delle importanti novità tipografiche, le quali si diffusero rapidamente in tutta Europa, dando origine ad un nuovo tipo di libro a stampa.
Le Aldine, come anche tutti gli altri prodotti tipografici di Manuzio, erano contraddistinte da un marchio, ripreso da un’immagine incisa su di un’antica moneta romana, rappresentato da un’ancora con un delfino; l’ancora indicava la solidità, mentre il delfino la rapidità e la velocità, ed insieme i due simboli riconducevano a quello che era il motto usato da Manuzio: “festina lente”, ovvero “affrettati con calma”, cioè “pensa bene, ma poi agisci”.
L’impatto rivoluzionario delle Aldine appare molto evidente se si paragona l’elegante volume in formato ottavo della Divina Commedia del 1502, stampato in corsivo e senza commenti, che subito si dimostra più pratico e maneggevole rispetto agli ingombranti incunaboli, dove il testo di Dante era sommerso da infinite note esegetiche. L’edizione del 1502 della Divina Commedia, curata da Pietro Bembo, venne presa come modello per tutte le ristampe dell’opera di Dante, per i tre secoli successivi.
Manuzio, oltre ad essere stato lui stesso autore di grammatiche classiche, pubblicò anche opere di Erasmo da Rotterdam, Angelo Poliziano e Pietro Bembo. Dopo la sua morte, il 5 febbraio del 1515, la tipografia continuò ad essere condotta dal suocero, dai cognati e dai figli.
A cinque secoli di distanza, le opere stampate da Aldo Manuzio, oltre ad essere di grande valore, conservano ancora un grande fascino. In venti anni di attività Manuzio riuscì ad introdurre in ambito tipografico delle importanti innovazioni, sulle quali si basa tutt’oggi l’editoria moderna.
Oltre alle novità che sono già state elencate, è doveroso ricordare che Manuzio impiegò per primo quella che diverrà la definitiva sistemazione della punteggiatura (il punto, la virgola, il punto e virgola, l’accento e l’apostrofo vengono usati, per la prima volta, nella loro forma odierna), fu il primo ad editare il libro con la numerazione delle pagine su entrambi i lati (fronte-retro), e fu anche il primo a pubblicare il catalogo delle proprie edizioni che arrivò a comprendere, in totale, oltre 130 opere.
Perciò, se alla Germania spetta la nascita della moderna stampa, l’Italia, con Aldo Manuzio, ha sicuramente portato ai massimi splendori l’arte della tipografia.
Michele Broccoletti
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